La questione è la seguente: se è vero ciò che la scienza ci ha raccontato, ossia che il nostro Pianeta sta vivendo anni in cui il clima sta drasticamente cambiando e tali cambiamenti avranno delle conseguenze enormi sulla nostra vita, allora dobbiamo prendere atto che abbiamo un problema, un grosso problema.
Il problema dei cambiamenti climatici va quindi risolto. È comprensibile che anche la soluzione abbia un enorme impatto sulla nostra vita e sulla nostra società, ma ciò non toglie che il problema vada risolto.
Un cambio di rotta prevede organizzazione e coesione tra i vari Paesi del mondo, che dovrebbero remare tutti nella stessa direzione. Ahinoi, se dalle parole dei leader mondiali sembra emergere l’intenzione di affrontare e risolvere la questione climatica, le azioni effettivamente intraprese raccontano tutta un’altra storia.
La COP
La Conference of Parties, la Conferenza delle Parti, è il momento in cui i leader mondiali si ritrovano per discutere dei problemi ambientali in corso, valutare i passi avanti rispetto agli anni precedenti e fare il punto della situazione ambientale. Si tiene ogni anno tra novembre e dicembre, ma prima di parlare della COP28 di Dubai, l’edizione di quest’anno, è utile fare una piccola analisi storica dei risultati raggiunti dalle precedenti edizioni della conferenza.
La COP nasce nel 1995 con la prima edizione di Berlino. Da trent’anni circa si discute di come risolvere i problemi climatici, di come sostentare economicamente la transizione verso fonti di energia rinnovabili e di come gestire lo sviluppo dei cosiddetti Paesi del terzo mondo che, in sostanza, hanno subìto e pagano le conseguenze climatiche della crescita di Europa e Stati Uniti in particolare, senza progredire a loro volta.
Circa vent’anni dopo la prima edizione, risulta di particolare importanza la COP21 di Parigi, in cui si cominciano a stabilire dei vincoli climatici, con particolare attenzione al surriscaldamento globale, per fermare il quale si pone il famoso limite da non superare degli 1.5 gradi.
Ed è proprio grazie a trent’anni di impegno condiviso a livello globale che oggi i problemi climatici sono stati per la maggior parte risolti o contenuti e che anche ai Paesi in via di sviluppo è stata data effettivamente la possibilità di svilupparsi.
Ah no…
Da tre decadi i leader del mondo si ritrovano annualmente, ma senza concludere troppo.
Certamente alcune delle edizioni della COP hanno permesso di raggiungere risultati positivi, ma analizzando la storia di questa conferenza emerge come rappresenti più un incontro con fini diplomatici che operativi.
L’obiettivo della COP dovrebbe essere infatti quello di risolvere concretamente i problemi climatici, non quello di fare promesse, dichiarazioni, emanare trattati da non rispettare e dare contentini a destra e a manca.
In numerose occasioni la COP ha imposto alle grandi potenze mondiali lo stanziamento di fondi per aiutare i Paesi in via di sviluppo o per supportare la transizione ecologica, ma senza fare mai analisi accurate e precise su come tali fondi debbano essere utilizzati, lasciando in questo modo le porte spalancate a enormi speculazioni economiche.
Allo stesso modo si è parlato spesso di ridurre le emissioni di CO2 e di favorire l’utilizzo di fonti di energia rinnovabili, ma circa trent’anni dopo la prima edizione, e comunque otto anni dopo l’edizione di Parigi in cui si è posta molta attenzione sull’imminenza del problema, non abbiamo fatto reali passi avanti.
Se guardiamo gli obiettivi al 2030, i dati ci raccontano che non stiamo andando nella direzione giusta, e, anzi, sembra che ogni anno riusciamo a peggiorare rispetto a quello precedente.
Oltre al danno la beffa
Gli ultimi anni sono caratterizzati, in tutto il mondo, dalle reali conseguenze dei cambiamenti climatici: tempeste, tifoni, valanghe, inondazioni, frane e morti cominciano a diventare l’ordine del giorno. A ciò si aggiunge l’inquinamento di aria, acqua e cibo causato dall’uomo stesso. Tutto ciò descrive una situazione globale non certamente positiva, con cambiamenti per la nostra società che sembrano destinati a diventare irreversibili, e forse lo sono già.
Sembra però che questo non sia lo scenario che stanno vivendo i leader mondiali che prendono parte alla COP, dato che anno dopo anno la realtà dei fatti rimane la stessa o peggiora.
E come se non bastasse, l’edizione di quest’anno della COP28 che si terrà a Dubai, sarà presidiata dal sultano Al Jaber, CEO di Adnoc, l’ente petrolifero nazionale degli Emirati. Detta in altri termini, il direttore di una compagnia di combustibili fossili che fattura 60 miliardi di dollari all’anno presidierà una conferenza in cui uno dei punti cardine sarà la drastica riduzione dell’utilizzo a livello globale di combustibili fossili.
“Il sultano Al Jaber presidia la COP” dovrebbe essere un esempio di ossimoro insegnato nelle scuole, invece sarà la realtà tra un mesetto circa.
A dire il vero c’è una petizione firmata da un centinaio di deputati americani in cui si chiede a Joe Biden di fare pressione perché non sia effettivamente Al Jaber a presidiare la COP28. E bisogna aggiungere che Al Jaber ha anche una compagnia specializzata nello sviluppo di energie rinnovabili, la Masdar, che per la cronaca non pubblica bilanci annuali, ma che comunque si stima valere circa trecentomila volte meno rispetto alla Adnoc. Ma nonostante tutto le scelte legate alla COP28, che si vanno a sommare a comportamenti ambigui nelle edizioni precedenti, lasciano il mondo abbastanza basito.
A livello italiano diciamo spesso che la nostra politica affronta i problemi quando oramai è troppo tardi, la speranza era che perlomeno a livello globale, per questioni importanti come la sopravvivenza della specie, la continua necessità di speculare e arricchirsi venisse momentaneamente messa da parte. Ma qualche dubbio viene…
Quindi?
Ritornando alla domanda di partenza “La COP è una buffonata?” ci auguriamo comunque che la risposta sia: no!
È inutile negare che gli interessi dei singoli Paesi giochino un ruolo primario anche nelle delicate questioni climatiche, ma la situazione non sarebbe di certo migliore se non esistesse un momento annuale per radunarsi e provare a trovare una soluzione.
Certo è che edizione dopo edizione ci stiamo avvicinando alla resa dei conti. Non resta che augurarci di poter assistere, prima di quel momento, a un’edizione della COP senza ambiguità, speculazioni e giochi di potere, che termini con soluzioni pratiche e che permetta al mondo di avere le idee chiare su come salvarsi dalle future catastrofi ambientali!

Alessandro Chiarato, nato nella ridente città di Rovigo nel 1988, si occupa di comunicazione e marketing digitale con grande attenzione alle questioni legate all’utilizzo (o all’abuso) dei dati. Appassionato di tecnologia, guarda speranzoso alle innovazioni che arrivano da tutto il mondo in attesa di vedere una maggiore e reale attenzione verso le problematiche principali del nostro Pianeta e della nostra quotidianità, che riguardano quindi ciò che mangiamo, beviamo e respiriamo.