Come ormai ogni anno dal 1972, il 5 giugno si celebra la Giornata Mondiale dell’Ambiente (WED: World Environment Day), istituita dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite durante la Conferenza di Stoccolma sull’ambiente umano. L’obiettivo, oggi come allora, è quello di promuovere la consapevolezza e l’azione a livello globale per tutelare l’ambiente.
Ma cinquantadue anni dopo, questa celebrazione sembra aver perso il proprio smalto. Da strumento radicale di pressione politica e culturale, la Giornata Mondiale dell’Ambiente rischia sempre più di diventare un gesto rituale, svuotato di senso, una casella da spuntare nel calendario istituzionale, buona per qualche post social, un logo verde e l’ennesima campagna dal titolo ecumenico. In molti casi, è finita sotto la coltre di un ecologismo cerimoniale, dove il linguaggio resta alto, ma l’impatto reale è basso.
L’anniversario che sa di déjà vu
Ogni anno viene scelto un tema principale e nel 2025 si è riproposta una problematica già affrontata in edizioni precedenti (2018, 2023): la lotta all’inquinamento da plastica. Nonostante le innumerevoli campagne di sensibilizzazione, infatti, la produzione globale di plastica continua a crescere, superando i 400 milioni di tonnellate annue, prevalentemente da fonti fossili e con solo una percentuale minima destinata al riciclo.
L’ipocrisia delle buone intenzioni

Nonostante l’obiettivo della Giornata Mondiale dell’Ambiente sia quello di suscitare un momento di riflessione – e di azione –, spesso si traduce in meri eventi simbolici e dichiarazioni d’intenti, mentre le politiche concrete per affrontare le crisi ambientali tardano ad arrivare. L’inquinamento da plastica, tema di quest’anno, è una questione nota ormai da decenni: le misure adottate finora, però, risultano quantomeno insufficienti. Dopo il nulla di fatto dell’anno scorso, infatti, i governi saranno nuovamente chiamati in occasione dei negoziati ONU (INC-5.2), previsti a Ginevra dal 5 al 14 agosto 2025. Assumersi definitamente la responsabilità significherebbe approvare senza ulteriori indugi un trattato globale, giuridicamente vincolante, che miri a proteggere l’ambiente e la salute umana minacciati dalla plastica.
Il consueto che perde efficacia
Con il passare degli anni, la Giornata Mondiale dell’Ambiente rischia, quindi, di diventare un rituale privo di impatto reale. Le celebrazioni annuali sembrano più un’occasione per mostrare buone intenzioni che per promuovere cambiamenti sostanziali. Nel frattempo, le emergenze ambientali si aggravano, e la necessità di azioni concrete diventa sempre più urgente. Le dichiarazioni si moltiplicano, i comunicati si rincorrono, ma le politiche restano timide, frammentarie o del tutto assenti. Il linguaggio della sostenibilità si è fatto così ubiquo da diventare quasi innocuo: una litania ripetuta ogni anno, che promette cambiamenti ma produce soprattutto visibilità. Si celebrano i piccoli gesti, si esaltano le buone pratiche individuali, mentre si glissa sulle responsabilità sistemiche e sull’inadeguatezza delle risposte istituzionali. In questo contesto, il rischio è che la ricorrenza si riduca a una parata simbolica, utile a lavare le coscienze ma incapace di incidere realmente sulle cause profonde della crisi ecologica.
Plastica: un problema più vicino di quanto si pensi

Per affrontare efficacemente la sfida dei rifiuti plastici è necessario andare oltre questo tipo di celebrazioni simboliche e adottare politiche incisive e coerenti per davvero. Solo così si potrà evitare che questa ricorrenza diventi un’ennesima occasione mancata. Per chi crede che l’inquinamento da plastica sia lontano dalla realtà italiana, ricordiamo che nel Mediterraneo questo tipo di rifiuti rappresenta una vera e propria emergenza ambientale. Essi costituiscono l’80% dei materiali abbandonati (sia in mare che lungo le coste). Metà è composta da plastica monouso, simbolo di un consumo effimero e distratto. Questo dato risuona ancora più grave se si pensa che il nostro mare, pur rappresentando meno dell’1% della superficie oceanica globale, accoglie fino al 18% della biodiversità marina mondiale, rendendolo un laboratorio vivente e fragilissimo.
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