Il duomo di San Martino è sicuramente la chiesa più importante di Lucca, un gioiello architettonico incastonato perfettamente all’interno della cinta muraria che circonda la meravigliosa città toscana. Questo edificio sacro ospita, nel pilastro di destra del portico della facciata, un curioso bassorilievo che rappresenta un labirinto, quello del Minotauro, di Teseo e di Arianna. Da sempre il labirinto è la rappresentazione della ricerca di Dio attraverso la fede, almeno per i credenti, ed è quindi uno dei simboli del pellegrinaggio. A livello umano può rappresentare invece la ricerca di sé stessi attraverso un percorso contorto e difficile, una via per la crescita personale, per il miglioramento e la rettitudine.

Non è solo il labirinto però ad attirare l’attenzione di pellegrini e turisti; all’interno della chiesa infatti, nella navata sinistra, c’è un tempietto che custodisce un crocifisso ligneo chiamato il Volto Santo. Si tratta di un’immagine acheropita, vocabolo che significa «non fatta da mano d’uomo» ossia generata per intervento divino.
È stato oggetto di venerazione in tutta Europa fin dal Medioevo e numerosi erano i viandanti che arrivavano qui in pellegrinaggio seguendo le vie Francigene o Romee che facevano rotta verso Roma. La Via del Volto Santo è di fatto una variante alta della Via Francigena classica, che attraversa Lunigiana e Garfagnana giungendo a Lucca seguendo il corso del fiume Serchio e la sua valle.

La Via del Volto Santo è un percorso paesaggisticamente splendido ma anche ricco di storia, di castelli e ponti medievali a schiena d’asino, vecchie strade lastricate e borghi di grande fascino. In sette giorni copre 130 km snodandosi su sentieri, mulattiere, strade forestali, ciclabili e pochissimo asfalto, un Cammino impegnativo (ma non troppo dal punto di vista dei dislivelli e della sentieristica) ma gratificante per gli occhi e lo spirito.


Sommario
- Prima tappa: da Pontremoli a Monti di Licciana Nardi
- Seconda tappa: da Monti di Licciana Nardi a Fivizzano
- Terza tappa: da Fivizzano al Monte Argegna
- Quarta tappa: dal Monte Argegna a Castelnuovo di Garfagnana
- Quinta tappa: da Castelnuovo di Garfagnana a Barga
- Sesta tappa: da Barga a Borgo a Mozzano
- Settima tappa: da Borgo a Mozzano a Lucca
Prima tappa: da Pontremoli a Monti di Licciana Nardi
Per una buona metà della tappa la Via del Volto Santo e la Via Francigena camminano appaiate dividendosi il palcoscenico. Dopo nove chilometri seguendo come direttrice il corso del fiume Magra si arriva a uno dei luoghi più suggestivi dell’intero percorso, la Pieve di Sorano. Dedicata a Santo Stefano e datata fra il XI e il XII secolo è forse la più importante delle pievi romaniche nel territorio di Massa Carrara.
Spoglia al suo interno, come da prassi, è un luogo di grande quiete e profonda spiritualità che merita una visita previa consultazione degli orari di apertura.

Attraversato il bel borgo di Filattiera ci si addentra in un piccolo bosco e si cammina su un sentiero con tratti di acciottolato per poi proseguire in piano fino al meraviglioso e silenzioso borgo di Filetto dove si può fare una piacevole sosta.

Si prosegue verso il bel castello di Virgoletta, lo si aggira e poco dopo la Francigena gira a destra proseguendo verso Aulla mentre la Via del Volto Santo prosegue in direzione Pontebosio. Si cammina su sentieri avvolti da una vegetazione spesso lussureggiante e immersi in un sottobosco pieno di profumi e piante bellissime, fra cui la meravigliosa Orchis Purpurea, un’orchidea spontanea ammantata di fascino e colori viola. Lo sguardo vigile e severo delle Alpi Apuane è compagno fedele e sorveglia l’incedere lento del viandante fino al balcone naturale che si affaccia sul piccolo paese di Monti di Licciana Nardi, punto di arrivo dei 28 km della prima tappa.

Seconda tappa: da Monti di Licciana Nardi a Fivizzano
Con la seconda tappa il Cammino entra ufficialmente nella terra dei Malaspina.
Famiglia nobile, potente e ampiamente ramificata quella dei Malaspina, radicata nel territorio della Lunigiana fin dal XIII secolo e poi diventata sovrana di Massa e Carrara nella seconda metà del 1400.

Numerosi sono, lungo il percorso, i castelli e le fortezze acquisiti o edificati dalle varie dinastie nel corso degli anni per proteggere il territorio e poter incassare da mercanti e pellegrini i diritti feudali sui transiti (un fiorino, cit.).
Il primo lo si incontra a un chilometro dall’inizio della tappa ed è quello di Pontebosio che dopo una lenta decadenza fra l’Ottocento e la metà del Novecento è stato ristrutturato e ora ospita un resort.

Lasciandosi il maniero alle spalle ci si inoltra nel bosco in direzione di Olivola. Il sentiero è semplice ma il terreno è argilloso e questo può rappresentare un piccolo problema in caso di pioggia. Ogni tanto la vegetazione si apre regalando bellissimi affacci su verdi vallate e ripidi calanchi.
Il borgo di Olivola è piccolo e tranquillo e conserva ancora i torrioni del castello medievale. Dopo una breve sosta si scende verso il paesino di Moncigoli, mini agglomerato di casette in pietra e silenzio. Per arrivare a Posara, il borgo successivo, bisogna fare un po’ di asfalto ma il traffico è quasi pari a zero.

Da qui alla fine della tappa mancano due chilometri e sono tutti in salita ma la fatica viene ampiamente ripagata dalla bellezza del luogo.
Giosuè Carducci definì Fivizzano «una perla sperduta fra i monti» e mai descrizione fu più appropriata. Il borgo, con i suoi palazzi nobiliari, i vicoli lastricati e la sua bella piazza è un vero gioiello. Prendetevi del tempo per passeggiare lungo le mura e affacciarvi sulla vallata sottostante o verso i monti che sono cornice preziosa di questo paese.

Un piccolo consiglio: pur essendo breve la tappa non offre punti ristoro o negozi di alimentari per cui è meglio fare provviste alla partenza.
L’ostello di Fivizzano è accogliente e offre varie soluzioni di ospitalità (singole, doppie e camerate) ed è dotato di cucina.
Terza tappa: da Fivizzano al Monte Argegna
La terza è la tappa più dura di tutta la Via del Volto Santo, non tanto per i 17 km del percorso ma per i 1178 metri di dislivello positivo (cioè in salita) complessivo. Il Monte Argegna è, infatti, il punto più alto di questo Cammino, appena sopra i 1000 metri di altitudine.

La prima salita è una di quelle che non fa sconti: sale dura, impervia e incolta e spezza un po’ le gambe.
Il sentiero migliora con il passare dei chilometri e attraversa un bosco bellissimo che rende la fatica più leggera.
Il piccolo borgo di Torlago è il primo centro abitato che si incontra ed è un’oasi di pace. È caratterizzato da delle belle volte in pietra e attraversare i suoi vicoli è un tonico naturale.
Come già accaduto altre volte, un cane, piccolo e tarchiato ma molto simpatico, mi si è avvicinato e mi ha tenuto compagnia per un paio di chilometri salvo scappare velocemente dopo l’incontro con un capriolo. Anche questo è il Cammino, incontri che fanno bene allo spirito.

Da qui una discesa rapida e ripida porta al piccolo borgo di Reusa che è il luogo ideale per fare una sosta prima della lunga salita finale, 600 metri ininterrotti di dislivello.
Lungo la strada si incontra l’affascinante paesino di Castiglioncello dove, sul muro di una casa, è incastonata una bella stele raffigurante un Pellegrino in tenuta classica, con bordone (il tipico bastone) e bisaccia.
Lasciato il paese si continua a salire, si passa accanto alla Pieve di Offiano e da lì la salita si fa dura fino ad arrivare a Regnano Villa. Qui si può scegliere fra il percorso normale, più breve ma più impegnativo o la variante panoramica che allunga di tre chilometri e mezzo ma con pendenze minori.
La vista spazia sulle creste e le cime delle Alpi Apuane, sempre che il tempo, spesso soggetto a cambiamenti improvvisi da queste parti, lo permetta.

I due percorsi si riuniscono al passo di Tea dove un tempo c’era l’Ospitale di San Nicolao costruito su questo valico importante per accogliere pellegrini, viandanti e mercanti di passaggio e di cui ora rimangono solo le fondamenta. Da qui ci si lascia la Lunigiana alle spalle per entrare ufficialmente in Garfagnana.
Manca veramente poco per arrivare in cima al Monte Argegna dove si trovano il Santuario della Madonna della Guardia, un ristorante che serve una cena pantagruelica e l’ostello dove riposare le stanche membra è un piacere.

Quarta tappa: dal Monte Argegna a Castelnuovo di Garfagnana

Dicono che in Garfagnana piova sempre e un po’ è vero. La vicinanza con il mare e l’altezza delle Apuane crea un clima molto particolare che può regalare annuvolamenti e rovesci improvvisi.
La quarta tappa è lunga, 27 interminabili chilometri, ma è quasi tutta in discesa quindi va via facilmente. Eppure, se la pioggia è la vostra compagna fedele di Cammino, può risultare ardua.
Per me è stato così. Scendere dal Monte Argegna su un sentiero che attraversa prati di erba viscida, sterrati fangosi e boschetti ricchi di infidi sassi scivolosi non è proprio un piacere, eppure quando le nuvole si sistemano a tagliare in due le montagne tutto passa in secondo piano in virtù di un paesaggio che, per quanto cupo, risulta di una bellezza incredibile.
Poco dopo aver attraversato le stradine del grazioso borgo di Gragnana si giunge all’omonimo mulino e lì si trova il primo dei molti ponti medievali a schiena d’asino e con la pavimentazione lastricata che si incontreranno lungo la tappa e che sono tipici qui in Garfagnana.
Il secondo si attraversa per scavalcare un torrente ed entrare nell’abitato del bel borgo di Piazza al Serchio luogo ideale per fare una sosta prima della salita che porta alla Fortezza delle Verrucole.

Si tratta di una fortificazione militare rinascimentale (sorta su una precedente di epoca medievale) ed edificata per volontà dei duchi d’Este. Il fatto di essere arroccata su un monte basalitico, uno sperone di roccia, la rendevano praticamente inespugnabile. Avendo tempo merita di essere visitata avendo cura di informarsi sugli orari di apertura.
La salita per arrivarci è tutta in bosco e si fa seguendo il tracciato di una bella strada forestale.

La fine della tappa è ancora lontana, e la fatica della discesa che stressa i muscoli molto di più della salita, può farsi sentire.
Il cammino prosegue attraversando piccoli borghi, tratti di antiche strade ad acciottolato e sentierini stretti ma la sorpresa più grande è proprio alle porte di Castelnuovo: è il quarto ponte, quello della Madonna, che riflette la sua gobba nelle acque tranquille di un piccolo lago, un luogo quasi fiabesco.
Dopo 5 chilometri si giunge finalmente a fine tappa. Il paese, da sempre centro nevralgico della Garfagnana merita una visita, soprattutto la rocca Ariostesca, così chiamata per ricordare che Ludovico Ariosto fu governatore di Castelnuovo per conto degli Estensi.

Quinta tappa: da Castelnuovo di Garfagnana a Barga
I 14 km che conducono a Barga, uno dei borghi più belli d’Italia, sono mediamente impegnativi, con due salite importanti, una all’inizio e una alla fine, ma regalano delle perle preziose dal punto di vista storico e architettonico.
Il primo traguardo è il valico di Monteperpoli; per arrivarci bisogna affrontare un sentiero che attraversa in maniera articolata un bosco dalla vegetazione rigogliosa e leggermente invasiva. Quando si sbuca su asfalto dopo i 220 metri di dislivello ci si trova davanti, sopraffatta dagli alberi, una piccola chiesa diroccata dedicata alla Maddalena. È stata un monastero di suore, poi una Romita; ora il suo tetto è crollato e al suo interno regnano piante di ogni tipo che riescono a regalare un brivido di vita anche ad alcune lapidi antiche.

Da qui il sentiero prosegue ripido verso una fattoria più a valle e da lì si scende verso lo storico borgo fortificato di Cascio di cui sono ancora visibili due delle cinque torri e un tratto di mura.
Si scende ancora fino a raggiungere la piana del fiume Serchio e il paese di Gallicano. Una visita alla bellissima pieve di San Jacopo, protettore dei pellegrini, è d’obbligo.
La salita per Barga inizia con grandi pendenze poi la strada si ammorbidisce sempre più fino ad arrivare al centro storico. Questo borgo merita una visita approfondita, a partire dal duomo di San Cristoforo che si trova sul punto più alto del paese. Da qui si gode una vista incredibile sulla valle del Serchio e sulle Apuane, soprattutto sul Monte Forato dove, in due occasioni (generalmente a metà di novembre e alla fine di gennaio) si verifica il doppio tramonto, un evento che attira centinaia di persone: il sole che tramonta dietro la cima del monte riappare poco dopo attraverso il grande arco naturale per poi sparire definitivamente.

Sesta tappa: da Barga a Borgo a Mozzano
I chilometri della penultima tappa della Via del Volto Santo sono quasi diciotto e si comincia scendendo verso il fondovalle e il corso del Serchio.
La prima parte della discesa è tutta su strada ma gli affacci sulle Apuane sono pazzeschi e la Pania Secca è la vera regina del paesaggio, isolata com’è, forte della sua altezza; la sua cima che si staglia limpida fra le nuvole e il cielo azzurro, mette quasi soggezione.

Arrivati in fondo si attraversa il bellissimo ponte di Loppia con il suo selciato medievale e poi si risale verso il paesino di Filecchio per una strada ad acciottolato che, se bagnata di pioggia può rivelarsi assai insidiosa. La sorpresa più bella è però il piccolo borgo di Ghivizzano, silenzioso e pieno di gatti.

Non manca molto a Borgo a Mozzano ma c’è da salire ancora. Attraverso un sentiero sassoso si arriva alla suggestiva pieve di Cerreto e all’abitato di Rocca da cui si gode di una bella vista sulla valle sottostante e sul Ponte della Maddalena o del diavolo, simbolo di Borgo a Mozzano. Costruito attorno all’anno 1000 su ordine di Matilde di Canossa permetteva ai pellegrini che venivano dalla Lunigiana di attraversare il Serchio e raggiungere Lucca. La leggenda che vuole questo, come tutti gli arditi ponti medievali, opera del demonio è sicuramente più intrigante e strappa qualche sorriso perché il diavolo ne esce, come sempre, perdente.
Camminare lungo la sua gobba è un po’ come attraversare la storia.

Settima tappa: da Borgo a Mozzano a Lucca
L’ultima tappa della Via del Volto Santo è lunga e quasi tutta in piano lungo il corso del Serchio. Lasciato Borgo a Mozzano si cammina lungo la Linea Gotica cavalcando la triste storia di un periodo buio.
Dopo poco meno di cinque chilometri si arriva in località Diecimo dove vale la pena visitare la pieve dedicata a Santa Maria Assunta.

Si prosegue lungo il fiume per altri tre chilometri e poi si affronta l’ultima salita di questo Cammino.
È breve, su asfalto a tornanti, e porta nel piccolissimo borgo di S. Donato dove c’è una minuscola pieve romanica, luogo adatto a cercare e trovare un momento di raccoglimento. Da lì si scende attraversando un paesaggio ricco di olivi e si guadagna una strada quasi in disuso che porta a Ponte a Moriano. Attraversato il fiume si imbocca la ciclabile del Serchio che in nove chilometri raggiunge Lucca.

Entrare nel duomo di San Martino e trovarsi di fronte al Volto Santo è un momento quasi solenne che regala un’emozione molto profonda esattamente come quella che dà passare le dita sul marmo scolpito in forma di labirinto e mettere l’ultimo timbro sulla credenziale del pellegrino.

Quando si arriva a fine Cammino ci si trova in un luogo non tanto fisico quanto mentale, un posto in cui l’euforia, le emozioni e la soddisfazione ballano sfrenati su ritmiche forsennate portandoti allo sfinimento.
Quando si arriva a fine Cammino si rivivono in pochi secondi, i ricordi delle singole tappe, una sequenza velocissima di flashback che vorresti condividere con tutto il mondo.
Non c’è differenza tra l’aver peregrinato una settimana o tre mesi: non è mai la distanza a regolare l’intensità delle emozioni.
Tutte le foto che vedi in questo articolo sono di Andrea Vismara: se vuoi utilizzarle, ricordati di menzionarlo e taggare managaia.eco. Grazie!