Secondo i calcoli della EEA, la European Environment Agency, agenzia europea per il clima, nel 2019 sarebbero state 307mila le morti premature dovute a polveri sottili. Altri 40.400 morti andrebbero associati all’esposizione cronica al biossido di azoto (NO2) e 16.800 alla respirazione di ozono. I dati sono stati resi noti nel nostro Paese da ISPRA, l’Istituto di Ricerca coordinato dal Ministero dell’Ambiente durante il convegno La mobilità sostenibile nelle aree urbane.
Sono dati preoccupanti. Consideriamo che il 34% della popolazione europea è esposta a livelli di ozono (O3) superiori a quanto consentito dalle direttive europee e che il 4% di chi vive nel Vecchio Continente respira quotidianamente troppo biossido di azoto. A questo antefatto già piuttosto eloquente – consideriamo che entrambe le sostanze sono nocive per l’uomo – aggiungiamo che l’UE è stata di manica molto larga quando ha imposto i suoi limiti.
L’OMS, Organizzazione Mondiale della Sanità, valuta l’esposizione con un metro più stringente. Su questa scala le percentuali europee schizzano al 94% della popolazione, per quanto riguarda le emissioni di NO2, e addirittura al 99% in merito alla concentrazione di ozono nell’aria. Ognuno di noi, dunque, immette sostanze potenzialmente nocive ogni volta che respira.
Il traffico veicolare è tra i principali responsabili di questa condizione e fa male anche alle nostre orecchie. Secondo l’EEA infatti, oltre il 20% della popolazione europea è esposto a livelli di rumore superiori alla soglia dei 55 decibel stabilita dalla direttiva europea sul rumore ambientale. Ciò non avviene solo durante il giorno, quando le città sono attive, bensì anche di notte, quando la maggior parte delle attività sono chiuse.
Nonostante il 2020 e la crisi legata al COVID-19 avessero imposto un rallentamento all’automotive – come a ogni altro settore economico – non appena l’allarme è rientrato e le restrizioni sono state allentate, il parco veicoli europeo ha ripreso a crescere in maniera importante. L’Italia ne è una dimostrazione.
L’Automobile Club d’Italia (ACI) ha confermato che gli italiani sono irrinunciabilmente automobilisti. A fine 2001, non a caso, si è raggiunto il numero record di 40 milioni di vetture in circolazione lungo le infrastrutture viarie della nostra penisola. L’auto è ancora percepita come bene irrinunciabile e la macchina resta la prima scelta per ogni spostamento casa/scuola e casa/lavoro. In barba a ogni sensibilizzazione sulle polveri sottili.
Non commettiamo però l’errore di pensare che la situazione sia così grigia – è il caso di dirlo – soltanto nel nostro Paese. Tutta l’Europa ha visto crescere negli ultimi anni il suo parco auto; l’unico Paese membro dell’Unione che si è posto in controtendenza è stata la Bulgaria. A fine 2020, nel Vecchio Continente circolavano 250 milioni di auto. Gli abitanti dell’UE sono circa 448 milioni.
Nella strada verso la transizione energetica, uno dei primi passi dovrebbe proprio essere il ripensamento dei nostri spostamenti. Ridurre o eliminare l’utilizzo dell’automobile è più semplice e rapido che riconvertire l’intero sistema di produzione industriale, decarbonizzandolo, o aggiornare gli impianti di riscaldamento di intere città. Possiamo cominciare da oggi. La politica deve fare la sua parte, dando una mano.
In alcuni Paesi ciò sta avvenendo. Ha fatto notizia la decisione del governo tedesco di introdurre un ticket mensile di soli 9 euro per usufruire del trasporto pubblico federale. La misura si è conclusa al termine del mese di agosto e ha comportato un riduzione delle emissioni di 1,8 milioni di tonnellate di CO2 in Germania, durante la bella stagione. I costi per il governo centrale sono stati elevati ma, di fatto, il Paese ha risparmiato un anno di alimentazione per 350mila case.
Il successo è stato tale che Volker Wissing, Ministro dei Trasporti tedesco, ha già annunciato che si darà seguito all’iniziativa. Verrà infatti creato un abbonamento che consentirà a chiunque di spostarsi in Germania spendendo 49 euro al mese. Siamo lontani dalla tariffa estiva a meno di 10 euro ma si tratta comunque di un prezzo calmierato, più che accettabile se davvero si vuole fare qualcosa per il Pianeta.
Anche altri Paesi a noi vicini stanno facendo la loro parte: in Lussemburgo, il trasporto pubblico è gratuito pressoché ovunque; in Spagna, il governo di Madrid rimborserà il 100% degli abbonamenti ferroviari per tre mesi; sull’isola di Malta si attende soltanto l’attuativo di una misura simile a quella spagnola. In Italia abbiamo sentito lodare l’iniziativa tedesca da molte voci, eppure, non si hanno notizie di decisioni prese in merito.
Sarebbe una grande idea ispirarsi a queste misure – o anche copiarle proprio! – per mandare un messaggio concreto e cominciare a spingere nella direzione giusta. Se i cittadini non agiscono da soli, incentivarli a farlo potrebbe servire a indirizzarli. Potrebbero cominciare i piccoli comuni, dove il costo di un provvedimento di questo tipo è più sostenibile e dare l’esempio.
Classe 1991, non nasce amante della scrittura. Tutto cambia però quando viene convinto a entrare nella redazione del giornalino d’istituto del liceo: comincia a occuparsi di musica e poi in seguito di sport, attualità, cultura, mondialità e tendenze nel globo, ambiente ed ecologia, globalizzazione digitale. Dall’adolescenza in poi, ha riposto la penna soltanto per sostituirla con una tastiera.