Tendenza No wash: come salvare il Pianeta, facendo meno lavatrici

da | Ago 29, 2023 | ambiente, inquinamento | 0 commenti

Salvare la Terra a partire da un’abitudine semplice: fare meno lavatrici.

Si sa, il mondo della moda è uno dei più inquinanti. Un’industria che produce più del necessario, che sfrutta materie prime senza limiti e che causa una quantità di rifiuti tale da creare discariche visibili addirittura dallo spazio. Ma c’è di più, un problema collaterale a cui non pensiamo quando riflettiamo sull’impatto della moda sul nostro Pianeta, ma che in qualche modo strettamente correlato: il lavaggio dei vestiti. Quante lavatrici facciamo in una settimana e con quali detersivi?

La nuova tendenza per essere più sostenibili, fare meno lavatrici per inquinare meno, trova tanti detrattori, ma anche diversi sostenitori, molti famosissimi, come la stilista Stella McCartney. Un principio semplice tanto quanto scontato: non lavare i tuoi capi, se non è strettamente necessario.

Capiamo di più in questo articolo, dove vedremo come fare meno lavatrici può aiutarci a ridurre la nostra impronta sul Pianeta.

Quanto consumano le lavatrici?

Una volta il bucato si faceva a mano, strofinando forte il sapone sul tessuto, tutti insieme alla fontana del paese. Un duro lavoro settimanale che oggi è un ricordo remoto.

Impensabile adesso rimanere senza lavatrice in casa. Ma se riflettiamo che, appena settant’anni fa, questo elettrodomestico era una novità, un primo indice di benessere crescente, capiamo quanto, in pochissimi anni, siano cambiate le nostre vite – e quanto la nostra impronta ecologica sia aumentata esponenzialmente.

Ma quanto consuma una lavatrice? Secondo dati recenti del National Geographic, in una settimana, nel mondo, vengono avviate circa 840 milioni di lavatrici in tutto il mondo. Miliardi di vestiti e tessuti lavati con giri infiniti di acqua e sapone.

Un elettrodomestico essenziale, lo abbiamo detto. Un’innovazione che rende facile la nostra vita quotidiana, ma che ha un enorme costo e impatto. Partiamo dall’acqua – un consumo di circa 19 miliardi di metri cubi ogni anno – passando poi per le emissioni di gas serra – più di 60 milioni di tonnellate – per non parlare poi degli additivi e dei saponi inquinanti sversati in acqua e delle microplastiche rilasciate da tessuti sintetici.

Il no wash contro lo spreco: meno lavatrici salveranno il Pianeta

«Se non sei obbligato a lavare qualcosa, allora non lavarlo» lo aveva dichiarato la stilista inglese Stella McCartney, nota per il suo impegno per i diritti degli animali, la difesa dell’ambiente e per promuovere stili di vita vegetariani e vegani. «Non cambio mai il mio reggiseno ogni giorno e non metto in lavatrice abiti solo perché li ho indossati. Sono una persona molto igienica, ma non sono un fan dei lavaggi, dei lavaggi a secco e qualsiasi altra tipologia.»

Il presupposto di partenza della tendenza no wash è proprio questo: evita di lavare vestiti se non c’è una reale necessità. Soprattutto considerando che attualmente molti di noi avviano lavatrici con abiti messi appena una volta.

Il no wash invita piuttosto a lasciarli all’aperto a prendere aria, anziché infilarli subito in lavatrice, o a trattare la singola macchia, intervenendo solo su quella zona. Oppure a disinfettare i capi con il vapore, tramite uno steamer, un metodo rapido che permetterà anche di stirarli nello stesso tempo.

In generale, prediligere i vecchi metodi della nonna – l’uso del bicarbonato o dell’aceto – anziché additivi chimici, evitare lavaggi lunghi e ad alte temperature e scegliere abiti con tessuti naturali, potrebbe essere già un inizio, senza dover per forza abbracciare in toto la filosofia no wash, che ci chiede di lavare i jeans una volta all’anno.

I benefici della tendenza no wash

Considerato l’impatto dei lavaggi quotidiani indicato sopra, fare meno lavatrici ci permetterà di risparmiare acqua ed energia. Ma non solo: avviare cicli brevi e con basse temperature può ridurre il rilascio di microplastiche fino al 30%, con un risparmio totale, ogni anno, di più di 4 mila tonnellate di frammenti in acqua.

Lavare meno i capi ha un evidente impatto anche sugli abiti stessi, che sottoposti a meno cicli di lavaggio, sapone e strapazzamenti vari, si rovinano meno e durano più a lungo nel tempo. In questo la qualità del tessuto e della fattura sono senza dubbio essenziali.

Come diceva Vivienne Westwood, madrina del punk e icona green: «Scegli bene, compra poco, fa’ che duri nel tempo». Alla faccia del fast fashion, con la sua logica dell’usa e getta.

Conclusioni

La tendenza no wash, promossa da figure di spicco come Stella McCartney, ci invita a riconsiderare il modo in cui gestiamo il lavaggio dei nostri capi. In un mondo in cui la moda contribuisce in modo significativo all’inquinamento ambientale, ridurre la frequenza dei lavaggi può rappresentare un passo importante verso la sostenibilità. Questa tendenza non solo ci sprona a fare scelte più attente quando decidiamo di lavare i nostri indumenti, ma ci sfida anche a prendere in considerazione alternative come l’aerazione, il trattamento delle singole macchie o l’uso di metodi più delicati, come il vapore.

La consapevolezza dell’impatto ambientale dei lavaggi frequenti ci porta a considerare le nostre abitudini in un’ottica più ampia. Riducendo il consumo di acqua ed energia e diminuendo il rilascio di microplastiche nell’ambiente, possiamo contribuire a preservare le risorse naturali e ridurre l’inquinamento. Inoltre, optare per lavaggi meno aggressivi può anche prolungare la vita dei nostri capi, dimostrando che la qualità e la durabilità possono prevalere sulla cultura del consumo veloce e dell’usa e getta.

In un mondo in cui la moda spesso segue logiche di eccesso e spreco, la tendenza no wash ci offre un’opportunità per essere più consapevoli e responsabili nei confronti del nostro impatto sul Pianeta. È un invito a riflettere su come le nostre azioni quotidiane, come il lavaggio dei vestiti, possano contribuire a un futuro più sostenibile e rispettoso dell’ambiente.

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