La Via Francigena: le tappe in Piemonte

Alla scoperta delle tappe della Via Francigena in Piemonte: dal Valico del Monginevro a Vercelli, il racconto di Andrea Vismara.

La Via Francigena è sicuramente la via devozionale più famosa d’Italia e, insieme al Cammino di Santiago, la più importante in Europa.

Nel 990, Sigerico, dopo essere stato vescovo di Ramsbury, fu eletto arcivescovo di Canterbury e si recò a piedi fino a Roma per ricevere dal Papa il palio che testimoniava la dignità arcivescovile. Durante il viaggio di ritorno, segnò su un taccuino tutti i luoghi dove si era fermato a dormire, creando di fatto uno dei più bei Cammini al mondo.

Per percorrerlo tutto, bisogna partire da Canterbury, attraversare la Manica, la Francia, la Svizzera e, valicato il Passo del Gran San Bernardo, scendere fino a Roma. C’è però un’altra Via che parte da Santiago, attraversa il confine con la Francia al Passo del Monginevro e si ricongiunge alla prima a Vercelli. È di questa che voglio parlarvi, perché è questa quella che ho percorso.

Qualunque voi scegliate di fare, sappiate che si tratta di un Cammino lungo e faticoso, ma gli oltre 900 chilometri fatti di tappe impegnative, soprattutto le prime e quelle che in alcuni giorni vi permettono di valicare l’Appennino, sanno regalare al viandante paesaggi incredibili e grandi emozioni.

Si attraversano sei regioni (sette se scegliete il Gran San Bernardo) e paesaggi di ogni tipo. Lasciatemi dire che non c’è modo migliore di conoscere il territorio se non muovendosi a piedi, con lentezza. A mio modesto parere, i mesi migliori per intraprendere questo viaggio sono maggio e giugno o settembre e ottobre, evitando così i mesi più caldi dell’estate.

Partiamo.

La prima tappa: dal passo del Monginevro a Oulx

Il Valico del Monginevro è un antico punto di transito attraverso le Alpi, un confine geopolitico di cui ormai non rimane altro che una struttura vuota che un tempo ospitava finanzieri e addetti doganali. Sono 26 i chilometri da percorrere in un ambiente montano dall’indiscutibile fascino.

Circondato da cime spesso ancora innevate all’inizio di giugno, il sentiero lascia subito la strada per infilarsi fra i boschi, scala le prime pendenze, attraversa prati che d’inverno sono piste da sci, portandosi in quota fino a raggiungere un pianoro in cui si trovano un rifugio e un ristorante, entrambi chiusi o per l’ora presta o per la stagione estiva. È comunque un buon posto per fare una breve sosta dopo i primi tre chilometri, bere un goccio d’acqua e ascoltare il rumore del vento che agita i rami delle conifere.

Si prosegue in leggero saliscendi seguendo una comoda strada forestale fino ad arrivare in località Sagna Longa dove ci sono piccole baite e un grosso albergo. Da qui, la strada comincia a scendere a tornanti a sbuca alle porte del piccolo paese di Cesana Torinese, con i suoi antichi fontanili che regalano acqua gelata a chi ha sete e con le case di legno dai balconi pieni di fiori.

Un fontanile del borgo di Cesana
Un fontanile del borgo di Cesana

Si segue la statale per circa un chilometro fino al bivio per Mollieres, un borghetto incantevole, dove il silenzio regna incontrastato. Attraversandolo tutto si incontra nuovamente il sentiero che dopo poco raggiunge il paese di Solomiac, un autentico gioiellino di montagna semi abbandonato. Molte delle case infatti sono diroccate, alcune si tengono in piedi a malapena reggendo il peso dei tetti fatti di spesse lastre di pietra.

 Il fontanile di Solomiac
Il fontanile di Solomiac

Fa però bella mostra di sé Casa Cossul, nota come il castello di Solomiac. Trattasi di una grande casa dalle pareti affrescate, la cui facciata ospita anche una bella meridiana con una scritta che recita la frase “Vita fugit sicut umbra” presente in molti degli orologi solari sparsi per il bel paese. C’è una piazzetta con un bel fontanile su cui sono dipinti una freccia e il simbolo del pellegrino che accompagnano il viandante fin dal primo passo. Questo è il posto perfetto per la sosta pranzo e per riempire la borraccia di acqua fresca. Alla fine della tappa mancano sei chilometri e sono tutti sulla provinciale dove però si cammina in sicurezza vista l’ampia corsia di emergenza.

Casa Cossul a Solomiac
Casa Cossul a Solomiac

Oulx è un piccolo paese adagiato sulla parte finale della Val di Susa a 1100 metri sul livello del mare, pura Occitania lato italiano, terra di storie, tradizioni, cultura e di quella lingua musicale e seducente che è la lingua d’Oc. Il borgo, che in italiano si chiama Salice d’Ulzio, merita almeno un giretto da compiere dopo la doccia e prima della cena.

La seconda tappa: da Oulx a Susa

I primi due chilometri della seconda tappa si fanno su asfalto poi, raggiunto e attraversato il paese di Gad, si seguono le indicazioni per il Sentiero dei Franchi e tutto cambia in meglio.

È un sentiero antichissimo, datato 773, e lo percorse Carlo Magno per aggirare i Longobardi che stazionavano a fondovalle per proteggere il Nord Italia dall’invasione.

Dapprima corre a ridosso del torrente, costeggiando un’area faunistica protetta, poi lo attraversa e comincia a salire guadagnando quota. Un lungo tratto in leggero saliscendi attraversa il bosco, regalando ogni tanto preziosi scorci sulla valle sottostante e sulla Dora Riparia che scorre lenta, ed è un gran bel camminare.

Il sentiero dei Franchi
Il sentiero dei Franchi

Si prosegue, in leggera salita, per qualche chilometro fino ad arrivare al vecchio Forte militare di Sapè d’Exilles, un’opera bellica datata 1886, diroccata e preda del lento riappropriarsi dello spazio da parte della vegetazione. Il minuscolo e omonimo borgo è costituito da piccole baite che, seppur chiuse, sono ottimamente mantenute e hanno un fascino particolare, quasi fiabesco.

Una casa di Sapé d'Exilles
Una casa di Sapé d’Exilles

Il sentiero scende nuovamente e ripidamente in una serie di tornanti fino a raggiungere il fondovalle. Un piccolo ponte permette di attraversare il fiume e da lì si risale su una stradina fino a raggiungere il caratteristico borgo di Exilles, una delle perle del Piemonte, con il suo forte impatto retrò, il pavé a terra, le insegne delle botteghe in stile fine Ottocento e gli inevitabili fontanili.

Il borgo di Exilles
Il borgo di Exilles

Concedetevi una sosta per gustare al meglio la meraviglia di questo luogo, ma senza fermarvi troppo, perché tanta bellezza è solo il preambolo per la vera attrazione del luogo, il mastodontico Forte. È un bastione colossale e minaccioso del XII secolo che, appoggiato su uno sperone di roccia, fa da tappo alla Val di Susa. Ci fu rinchiuso uno di quegli outsider misteriosi e affascinanti di cui è piena la storia dell’Europa: la Maschera di Ferro.

Lasciato il forte alle spalle si prosegue lungo una parallela della statale e quando le due strade s’incrociano, si inverte il senso di marcia tornando indietro su quest’ultima per poi girare a destra dopo qualche centinaio di metri e dirigersi verso i piloni dell’autostrada (che sono un vero e proprio pugno in un occhio in una vallata così bella). Come se non bastasse, dopo un paio di chilometri si passa davanti all’ingresso del cantiere per la Tav dove muraglioni e asfalto sono coperti di scritte fatte da chi, per anni, ha combattuto e combatte tuttora questo progetto assurdo ed ecologicamente devastante.

Le scritte sui muri vicino a Chiomonte
Le scritte sui muri vicino a Chiomonte

La strada attraversa la Dora Riparia e risale verso il paese di Chiomonte dove fare una sosta è doveroso. Siamo oltre la metà della tappa ed è buono riposarsi un attimo prima di coprire gli ultimi sette chilometri.

Si cammina su una bellissima corsia pedonale protetta da una staccionata di legno che scorre parallela alla statale, fino a quando non s’incontra il segnale con il pellegrino che indica di svoltare a sinistra in una piccola sterrata di campagna.

In principio, il sentiero passa attraverso alcuni vigneti divisi da muretti a secco, un paesaggio molto bello, poi si infila in un boschetto e prosegue in costante saliscendi. Non è proprio agevole, soprattutto in caso di pioggia a causa del fango e dei sassi scivolosi, per cui prestate attenzione.

L’arrivo a Susa è però memorabile perché avviene attraversando l’arco romano, antica porta della città. Il centro storico è degno di nota ricco di rovine romane, di bellissimi palazzi storici e di affascinanti portici ricchi di ombra.

C’è anche l’accogliente Convento di San Francesco che gestisce l’ospitalità per i pellegrini, dove è possibile mettere il timbro sulla Credenziale.

 L'arco romano a Susa
L’arco romano a Susa

La terza tappa: da Susa alla Sacra di San Michele

Una tappa lunga, 30 chilometri ma senza particolari dislivelli se escludiamo quello finale e impegnativo per salire alla Sacra di San Michele.

Il percorso si snoda per molti tratti lungo la Ciclostrada della Val di Susa, una bella arteria per gli amanti delle due ruote a pedali che arriva fino a Torino. È tutta su asfalto, ma percorre strade secondarie e poco trafficate e permette di camminare in sicurezza.

Seguendola si incontrano piccoli paesi alcuni molto affascinanti come Chiodo, dove il Cammino si infila fra campi, vicoli e minuscole corti private. La prima vera sosta si può fare a Bussoleno approfittandone per ammirare i suoi palazzi medievali fra i quali Casa Aschieris e Casa Amprimo (detta anche Locanda della Croce Bianca), luogo di accoglienza per i pellegrini in transito. Deve essere una sosta breve perché il computo dei chilometri è fermo a otto.

Qui, al tempo del mio passaggio, si continuava dritti sul lato sinistro del fiume, attraversando i piccoli paesi di Bruzolo, un borgo molto affascinante, e di San Didero, fino ad arrivare a Borgone Susa, dove si attraversava nuovamente la Dora Riparia e si proseguiva via strada fino a Villa Focchiardo, dove arriva anche il nuovo percorso che, da Bussoleno, segue la riva destra del fiume in un ambiente molto più naturale.

Da Villa Focchiardo si prosegue per due chilometri costeggiando gli speroni di roccia fino ad arrivare al paese di Sant’Antonino.

 Il borgo di Sant'Antonino
Il borgo di Sant’Antonino

Abbiamo già percorso una ventina di chilometri e la stanchezza può farsi sentire. Conviene fare il pieno di energia e riposarsi anche un po’ perché l’ultimo tratto, il più impegnativo, è ancora davanti a noi.

Si prosegue lungo una stradina che segue lo sperone di roccia, attraversa il piccolo paese di Vaie e giunge infine a Chiusa di San Michele. Qui sorge la settecentesca Parrocchiale di San Pietro Apostolo. Dal lato destro della chiesa parte la storica mulattiera che si inerpica verso la fine della tappa, ma percorrerla richiede un grande sforzo e quasi due ore per cui calcolate bene i tempi.

La Sacra di San Michele è un’abbazia antichissima, fondata attorno all’anno Mille, ingrandita e modificata nel corso del tempo. Si erge maestosa in cima al Monte Pirchiriano e da lì domina tutta la valle. È a buon titolo l’immagine simbolo della regione Piemonte.

Sacra di San Michele

È un luogo di grande fascino ma soprattutto di incredibile energia, non per niente è uno dei punti dove passa la Linea Micaelica, una sorta di direttrice sacra che collega luoghi dove si celebra il culto dell’Arcangelo Michele e che unisce santuari in Irlanda (Skelling Michael), Inghilterra (St Michael Mount in Cornovaglia), in Francia (il famoso monastero di Mont Saint-Michel), in Italia (con la Sacra di san Michele e il Santuario di San Michele Arcangelo in Puglia), in Grecia (monastero di Panormitis nell’isola di Simi) e in Israele (Monastero di Stella Maris sul Monte Carmelo). Secondo la leggenda, questa linea fu creata da un colpo di spada inflesso dal santo per ricacciare il Diavolo all’Inferno.

Leggende a parte, la Sacra è un luogo da vedere assolutamente, almeno una volta nella vita. Possiede quella dote che molti luoghi positivi hanno: il saper addolcire l’anima al di là della fede e delle proprie convinzioni.

Purtroppo al momento le foresterie della Sacra non accolgono i pellegrini per cui valutate bene cosa fare. Se avete ancora forze dopo la visita potete percorrere la mulattiera e trovare accoglienza a Sant’Ambrogio di Torino, altrimenti potete sostare a Sant’Antonino o a Chiusa e salire alla Sacra la mattina successiva.

La quarta tappa: da Sant’Ambrogio di Torino a Torino

Una tappa da 30 chilometri dopo le fatiche del giorno prima può essere letale, soprattutto per piedi e muscoli. Questa tappa può essere divisa in due facendo sosta a Rivoli, cosa che consiglio soprattutto se vi siete tenuti la visita alla Sacra per la mattina.

Il Cammino prosegue lungo la Strada Antica di Francia, una via poco trafficata e già percorsa in parte il giorno prima, che scorre in piano costeggiata da campi coltivati e pascoli. Punta diritto verso il centro di Avigliana, paese che ebbe una grande importanza nel Medioevo e fu punto di sosta per i pellegrini in transito. Testimonianza di questo spirito di accoglienza è il Palazzo del Beato Umberto in pieno centro storico che fu costruito in seguito a un lascito del 1347 ed era sede dell’antico Ospitale: può essere un buon posto dove concedersi una piccola sosta.

Usciti dal paese, la strada prosegue dritta per circa un chilometro poi gira a sinistra, percorre il cavalcavia ferroviario, gira a destra e dopo un paio di chilometri ci conduce alla Precettoria di Sant’Antonio di Ranverso. Seguire il viale che porta alla chiesa è un po’ come immergersi in un passato lontano, fino al 1188, anno di costruzione della chiesa e dell’Ospitale. Qui oltre ai pellegrini bisognosi di assistenza, cibo e riposo, venivano curati anche i malati di Fuoco di Sant’Antonio che all’epoca era molto diffuso per via della malnutrizione. Il luogo è molto bello e dieci minuti di sosta prima di affrontare la salita per Rivoli sono doverosi.

la Precettoria di Sant'Antonio di Ranverso
La Precettoria di Sant’Antonio di Ranverso

Si continua a camminare in piano fino al paese di Rosta e, dopo aver attraversato il sottopassaggio della stazione, si gira a sinistra e dopo poco si affronta la salita che porta al meraviglioso borgo di Rivoli.

Godetevi il bellissimo centro storico che un tempo era una città fortificata e che per qualche motivo mi ha ricordato tantissimo Montmartre per via delle scalette con il corrimano nero, dei lampioni, dei balconcini, dell’edera sui muri e del pavé. Dormire qui può essere una bella esperienza ma se avete deciso di spingervi fino a Torino fate la pausa pranzo prima di ripartire perché davanti a voi avete ancora 14 lunghi chilometri.

Il lungo rettilineo di Corso Francia, dritto come una riga da disegno, porta fino al centro di Torino ma ricordatevi che entrare in una grande città a piedi non è mai facile.

Una volta raggiunta Piazza Statuto e la sua inquietante fontana, potete spingervi ancora un po’ più avanti fino a Piazza Castello, il vero centro di questa bellissima città.

La quinta tappa, da Torino a Gassino Torinese

Serve una tappa breve per defatigare i muscoli provati dagli ultimi due giorni di Cammino per cui da Torino si va a Gassino Torinese per un totale di 15 chilometri.

A volte uscire da una grande città può essere una bellissima esperienza e l’inizio di questa tappa ne è la riprova. Ai tempi del mio passaggio si passava accanto al Cimitero monumentale, si camminava in un bellissimo parco poi, attraversato il fiume Stura, si seguiva una comodissima ciclabile fino a San Mauro Torinese. Qui si passava sul bel ponte che scavalca il Po e si raggiungeva il centro del paese.

Ora si parte da Piazza Castello e si percorre Via Po fino a raggiungere la bellissima Piazza Vittorio Veneto e il fiume. Si attraversa il ponte e ci si trova di fronte alla Gran Madre di Dio, splendida chiesa che incarna il lato positivo di questa città legata indissolubilmente all’esoterismo e alla magia. Il suo opposto è la fontana di Piazza Statuto vista il giorno prima arrivando in città. Si gira a sinistra e si cominciano a seguire le anse del fiume camminando in un bel parco. Dopo poco meno di sette chilometri si raggiunge San Mauro. Qui si abbandona il Po e si comincia a seguire il Canale Cimena il cui argine è stato messo in sicurezza con delle grate blu e verdi; è così fino all’uscita del paese.

 Camminando lungo il Canale Cimena
Camminando lungo il Canale Cimena

All’epoca le indicazioni in quella zona latitavano un po’ e la vegetazione era cresciuta in maniera incontrollata e dovetti adattarmi improvvisando un percorso alternativo, ma comunque si abbandona temporaneamente l’argine del Cimena e si prende la sterrata che corre agevolmente nella campagna fino a raggiungere l’asfalto nei pressi del Mulino Sambuy, una vecchia struttura tuttora attiva che fa anche accoglienza ai pellegrini, ma ha solo due posti letto.

Da qui si prende la Strada del Ghiaiasso che in poco tempo ci riporta nei pressi del canale (giusto il tempo di vederlo), poi si gira a destra su Strada dei Gerbidi che porta all’abitato di Castiglione Torinese, ottimo punto per fare una sosta.

Da qui a Gassino manca poco ed è tutto su asfalto. I due paesi sono praticamente attaccati. Il luogo non offre particolari attrattive ma la Casa di Riposo “Figlie della Sapienza” ha una foresteria che accoglie i pellegrini e appone il timbro sulla credenziale. Il parco che circonda la casa è enorme e silenzioso e rende l’ambiente un luogo ideale per ritemprare corpo e spirito grazie alla gentilezza e alla disponibilità delle suore.

La sesta tappa: da Gassino Torinese a Saluggia

I 23 chilometri della tappa odierna sono semplici, completamente in piano e segnano una sorta di spartiacque fra le montagne dei giorni precedenti e le risaie e la pianura dei giorni a venire. Si inizia seguendo strade poco trafficate che in breve portano nuovamente al Po, amico fedele di questi giorni di Cammino e al ponte che lo attraversa per portarci a Chivasso.

Non si entra in paese, si gira subito a destra su asfalto cominciando a seguire il Canale Cavour, immensa opera di ingegneria che smista l’acqua in tutte le aree coltivate della zona. Dopo circa due chilometri si abbandona la strada per cominciare a seguire una sterrata affascinante che svela tutti i prodigi di questa linea d’acqua.

Camminando lungo il Canale Cavour
Camminando lungo il Canale Cavour

È un luogo strano questo, l’acqua è ovunque e scorre in tante direzioni diverse. Quello che da lontano sembra un ponticello è in realtà un altro canale che porta acqua verso altri luoghi, campi differenti. Sono le vie pendenti, costruite dall’uomo per distribuire equamente ciò che di più prezioso c’è qui in Val Padana, l’acqua.

Pochi chilometri e si arriva al bivio che, girando a sinistra e abbandonando il canale, porta al piccolo paese di Castelrosso.

Si piega verso destra seguendo le indicazioni e si abbandona il borgo incamminandosi attraverso romantici boschetti di giovani betulle, campi di frumento, di pannocchie ancora immature, tutti nutriti da piccoli canali sorvegliati da vecchie chiuse arrugginite ma tuttora funzionanti.

Si prosegue in un ambiente bucolico fino a quando la strada gira bruscamente a destra, mentre la Francigena svolta a sinistra attraversando un boschetto, per poi scavalcare la ferrovia e dopo duecento metri girare nuovamente a destra fino ad arrivare a un ponte che attraversa la Dora Baltea. Si prosegue dritti attraversando la campagna e in poco meno di un’ora si arriva alle porte di Saluggia.

La settima tappa: da Saluggia a Vercelli

La Via parte dalla stazione di Saluggia e prosegue per un chilometro circa su asfalto per poi addentrarsi in sterrati che lenti e silenziosi si snodano in una bellissima campagna, attraversata da piccoli canali d’irrigazione con l’acqua che va in tutte le direzioni grazie a elaborati giochi di livelli, di chiuse e chiusini, di sapiente lavoro di secoli che è ancora lì a testimoniare l’arte contadina.

risaia
Risaia

Poco più avanti si incrocia nuovamente il Canale Cavour. Sul ponticello che lo attraversa, oltre alle indicazioni per Lamporo e Roma, ci sono dei piccoli riquadri colorati in cui campeggiano delle brevi poesie che parlano della Via Francigena, come dei piccoli haiku pellegrini.

Oltre il ponte, il paesaggio cambia: il terreno si riempie d’acqua e le piante da grandi si fanno piccolissime, trasformando la pianura in un enorme prato allagato. Siamo nelle sconfinate risaie del vercellese. È un ambiente bellissimo ed è arricchito dalla presenza di tanti uccelli che, con le loro zampette immerse nell’acqua, si procacciano il cibo. Il più affascinante è sicuramente l’Ibis Sacro, un uccello a dir poco mitologico.

Gli Ibis nella risaia
Gli Ibis nella risaia

Raggiunto un altro canale, si gira a sinistra e si prosegue su una sterrata che conduce fino al minuscolo borgo di Lamporo. Prima di entrare in paese, si incontra una colonna votiva su cui campeggia una scritta che recita così: “Pellegrino, fermati per una preghiera, poi riprendi con gioia il tuo cammino”.

Lamporo è un breve rettilineo diviso in due da un canale, un paese minimo dove regnano quiete e silenzio. Potete concedervi una sosta, il chilometraggio non è ancora a metà ma la tappa è molto lunga, quasi 35 chilometri.

Usciti dal paese si continua a camminare lungo il canale e lo si segue per qualche chilometro fino a quando si incontra un ponticello sulla sinistra. La Francigena svolta a destra e, poco dopo, s’imbatte in uno dei luoghi più affascinanti dell’intero percorso, il cimitero abbandonato e sconsacrato della Colombara. Di forma circolare, appoggia le sue fondamenta in un punto che, durante il periodo invernale in cui le acque s’innalzano, è raggiungibile solo da una sottile lingua di terra.

Il cimitero della Colombara
Il cimitero della Colombara

Si aggira la centrale termoelettrica di Livorno Ferraris e si continua a camminare attraverso le risaie seguendo attentamente le indicazioni poi si raggiunge la provinciale e, da lì, si affrontano gli ultimi 20 chilometri che sono tutti su asfalto.

Non c’è alternativa e quindi, con pazienza e dosando le pause, si raggiunge il centro di Vercelli. Qui, la Via del Gran San Bernardo e quella del Monginevro si incontrano e inizia un percorso congiunto di cui leggerete nei prossimi articoli.

A Roma mancano 728,1 chilometri.

 

Tutte le foto che vedi in questo articolo sono di Andrea Vismara: se vuoi utilizzarle, ricordati di menzionarlo e taggare managaia.eco. Grazie!

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