Gli Emirati Arabi ospiteranno il vertice sul clima ma continuano a bruciare gas

da | Nov 17, 2023 | news | 0 commenti

Negli Emirati Arabi Uniti, giacimenti statali di petrolio e gas gestiti dal Sultano Al Jaber, Presidente del prossimo vertice sul clima, hanno bruciato gas quasi tutti i giorni, nonostante gli impegni presi 20 anni fa: questi sono i dati riportati dal “The Guardian” sulla base del monitoraggio satellitare condotto dal CREA (Centre for Research on Energy and Clean Air).

Emirati Arabi e politiche di zero gas flaring

La COP, Conferenza delle Parti, è una riunione annuale di tutti i Paesi che hanno ratificato la Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici, documento fondamentale nella lotta al riscaldamento globale. Il vertice sul clima punta a strategie e politiche internazionali orientate alla riduzione delle emissioni di gas climalteranti, riconoscendole appunto come causa principale del cambiamento climatico in corso.

Quest’anno la presidenza della COP28 è stata affidata al Sultano Al Jaber, amministratore delegato della Adnoc, la compagnia petrolifera statale degli Emirati Arabi Uniti.

Vent’anni fa, gli Emirati Arabi avevano adottato una politica di zero gas flaring. Politica totalmente ignorata nei fatti, come rivela “The Guardian”, se si considera che i giacimenti statali di gas e petrolio continuano a bruciare gas praticamente ogni giorno.

Ciò che le analisi riportate dal quotidiano britannico evidenziano è la pratica altamente inquinante di gas flaring. La combustione di gas (il gas flaring appunto) consiste nel bruciare il gas energetico in eccesso, estratto insieme al petrolio: ciò avviene perché risulterebbe troppo costoso costruire infrastrutture consone per trasportarlo nei luoghi di consumo. La Banca Mondiale ha indicato questa pratica come fortemente inquinante, oltre che dispendiosa, e sta portando avanti un’iniziativa che punta a lo zero routine flaring entro il 2030. Di questa iniziativa, non fanno parte Emirati Arabi Uniti e Adnoc.

L’analisi del “Guardian”

Un giacimento, Adnoc LNG, ha bruciato gas quasi tutti giorni monitorati via satellite dal 2018 al 2022, secondo i dati prodotti per il “Guardian” dal Centro di ricerca sull’energia e l’aria pulita (CREA).

L’analisi ha valutato il flaring in 32 giacimenti di petrolio e gas negli Emirati Arabi Uniti, 20 di questi gestiti da Adnoc, mostrando che 4 hanno bruciato gas per almeno il 97% dei giorni per i quali erano disponibili dati. Praticamente la maggior parte del tempo, considerando che le misurazioni sono state interrotte dalla copertura nuvolosa solo un giorno su cinque.

Un portavoce di Adnoc sostiene che i dati sono fuorvianti, perché le immagini satellitari potrebbero non riuscire a distinguere tra flaring e l’accensione di una fiamma pilota (che è parte delle normali operazioni). Diversi esperti ritengono però che le fiamme pilota non sono visibili dallo spazio e non possono giustificare i rilevamenti quasi giornalieri di flaring.

Nonostante alcune riduzioni nel flaring nel 2023, i dati indicano che Adnoc LNG è responsabile dell’emissione di circa 2,5 milioni di tonnellate di anidride carbonica dal 2018 al 2023. Questa situazione è in netto contrasto con le dichiarazioni ufficiali sull’eliminazione del flaring e solleva dubbi e preoccupazioni in vista del ruolo degli Emirati Arabi Uniti come ospiti della COP28.

La contraddizione tra gli impegni pubblici e la realtà ambientale solleva questioni cruciali sull’idoneità delle aziende petrolifere e del gas come partner nella transizione verso un’economia a basse emissioni di carbonio.

Tag:

Post correlati

COP28: ancora insufficiente la cifra concordata per il Fondo Perdite e Danni

COP28: ancora insufficiente la cifra concordata per il Fondo Perdite e Danni

Durante la COP28 è stato raggiunto l’accordo sul Fondo Perdite e Danni. Le promesse di finanziamento includono 100 milioni da Emirati, Germania e Italia, 17 milioni dagli Stati Uniti e 10 milioni dal Giappone. Complessivamente, il fondo ha raggiunto 700 milioni di dollari, ma gli esperti ritengono che siano insufficienti rispetto ai bisogni reali dei Paesi in via di sviluppo.