Il resoconto annuale Stop pesticidi nel piatto di Legambiente registra e valuta la presenza di fitofarmaci negli alimenti consumati quotidianamente dagli italiani. Anche in questa edizione, l’analisi ha delineato una situazione con aspetti positivi e negativi. Il report ha coinvolto esperti, rappresentanti della ricerca, docenti universitari e medici con l’obiettivo chiarezza sulla situazione attuale e individuare strategie per ridurre l’utilizzo dei fitofarmaci.
Cosa dice il report
L’indagine Stop pesticidi nel piatto 2023 di Legambiente, presentata a Roma, si è servita di oltre 6mila campioni di alimenti provenienti da agricoltura biologica e convenzionale, sia di origine vegetale che animale.
La percentuale di campioni in cui sono state rilevate tracce di pesticidi nei limiti di legge è diminuita rispetto all’anno precedente, passando dal 44,1% al 39,21%, mentre la presenza di campioni irregolari è scesa al 1,62%. Il 59,18% è risultato quindi regolare e privo di residui (con un aumento rispetto al 54,8% dell’anno scorso).
Notizie meno positive arrivano se consideriamo la questione del cocktail di fitofarmaci e le correlate preoccupazioni sugli effetti additivi e sinergici sull’organismo umano. Anche se entro i limiti di legge, più del 15% dei campioni regolari registrano tracce di un fitofarmaco e più del 23% di diversi residui.
Nei campioni analizzati, sono state individuate 95 sostanze attive provenienti da fitofarmaci: in 3 campioni di uva passa sono stati rinvenuti 17 residui, in un campione di pesca 14 residui e in un campione di fragola 12 residui.
Da considerare e da non sottovalutare la questione dei prodotti importati, che secondo l’EFSA rimandano a risultati allarmanti. Un peperone proveniente dalla Cambogia presentava 28 residui.
Pesticidi nella frutta
Dalle analisi, i pesticidi più presenti sono Acetamiprid, Fludioxonil, Boscalid e Dimethomorph. Molti i residui di neonicotinoidi non più ammessi, come Thiacloprid nei campioni di pesca, pompelmo, ribes nero, semi di cumino e tè verde in polvere. Rinvenuto Imidacloprid in un campione di arancia, 2 campioni di limoni e 3 campioni di ocra e Thiamethoxam in un campione di caffè.
La categoria più colpita dalla presenza di residui resta la frutta, con poco meno del 68% dei campioni che ne contiene almeno uno. Presenza di residui nell’84% delle pere analizzate, nell’83% delle pesche e nel 53,85% dei peperoni. Più irregolarità sono state registrate nella frutta esotica, come banane, mango e kiwi.
Per quanto riguarda la verdura, il quasi il 69% dei campioni analizzati risulta senza residui. Tra gli alimenti trasformati, i cereali integrali e il vino presentano il numero più alto di residui permessi, rispettivamente il 71,21% e il 50,85%.
Risultati migliori per i prodotti di origine animale, con più dell’88% privo di residui tra i 921 campioni analizzati.
L’appello di Legambiente
Il report costituisce un’occasione per Legambiente per lanciare un appello alle istituzioni nazionali ed europee chiedendo interventi concreti sotto il profilo legislativo. L’associazione ambientalista ricorda infatti che l’Ue ha indicato la necessità di una drastica riduzione delle sostanze chimiche di sintesi entro il 2030 e chiede una piena applicazione di questa strategia da parte dei vari Paesi, a cominciare dall’Italia.
Legambiente propone inoltre una legge nazionale sul multiresiduo, basata sulle attuali evidenze scientifiche, che vieti la compresenza di principi attivi. Parallelamente, l’associazione continua la sua battaglia contro il glifosato con la nuova campagna chiamata Glifosato free per premiare le aziende che hanno eliminato questa sostanza, considerata nociva per la biodiversità, gli ecosistemi e la salute umana.
Nata a Roma nel 1993, si è laureata in Lettere, con specializzazione in Storia Contemporanea. Attenta al mondo che la circonda, crede fortemente nel potere della collettività: ognuno, a modo suo, può essere origine del cambiamento. Amante del cinema e della letteratura, sogna di scrivere la storia del secolo (o almeno di riuscire a pensarla).