9 libri in inglese per conoscere meglio la permacultura

da | Apr 5, 2024 | agricoltura, ambiente | 0 commenti

La letteratura permaculturale in lingua originale (principalmente inglese, date le origini australiane) è piuttosto ampia. Alcuni libri fondamentali sono stati tradotti in italiano – come abbiamo visto qui – ma altri lo meriterebbero. Ecco qualche consiglio di lettura per gli anglofoni (preferibilmente non neofiti), in base a una selezione del tutto personale.

Rosemary Morrow: una divulgatrice pragmatica e inclusiva

Molto ha fatto l’australiana Rosemary Morrow per la diffusione della permacultura – anche in contesti impensabili come i campi profughi – con un approccio pratico e non accademico. 

Nel 2022 il suo classico manuale Earth User’s Guide to Permaculture – che mostra come applicare qui e ora i concetti un po’ teorici dei padri fondatori Bill Mollison e David Holmgren – è stato completamente rivisto, ampliato e ripubblicato con il nuovo titolo di Earth Restorer’s Guide to Permaculture.

L’autrice vanta oltre quarant’anni di esperienza come progettista di sistemi permaculturali a scala comunitaria in ambienti diversissimi di quattro continenti, dal Vietnam all’Etiopia, dalla Cambogia all’Uganda, dalla Tailandia al Medio Oriente, dall’Australia al Nord Europa.

Il cambio di titolo della nuova edizione sottolinea uno spostamento di focus: il lettore è chiamato a essere non più solo un fruitore della Terra, ma a divenire un suo rigeneratore, agendo singolarmente e a scala locale per contribuire a ripristinare gli ecosistemi globali, creare abbondanza, sicurezza alimentare e modelli efficaci di agricoltura sostenibile. Non a caso, la prefazione è affidata alla nota scrittrice e attivista Vandana Shiva.

Nel corso della sua vita, Rosemary Morrow ha anche formato migliaia di permacultori e permacultrici, di ogni età, estrazione sociale e area geografica. Il suo testo Earth User’s Guide to Teaching Permaculture si rivolge proprio a insegnanti di permacultura, accompagnandoli/le passo dopo passo nella progettazione di un PDC (Permaculture Design Certificate: il modulo standard di 72 ore riconosciuto a livello internazionale).

Patrick Whitefield e Aranja

Passando alla Gran Bretagna, propongo altri due punti di riferimento, soprattutto per chi ha già una  conoscenza di base della permacultura.

The Earth Care Manual di Patrick Whitefield è stato il primo libro di permacultura non australiano, scritto specificamente per il contesto britannico e adattabile anche ad altri Paesi con clima temperato dell’emisfero boreale. Si tratta di una guida completa e approfondita, di quasi cinquecento pagine, corredata da foto, tabelle, diagrammi ed elenchi di piante.

Permaculture Design: A step-by-step guide è invece un testo un po’ più maneggevole, pensato dall’autore come supporto per orientare nel processo di progettazione chi ha già acquisito alcuni concetti chiave, ma non sa come metterli insieme. In base all’esperienza di Aranja – che è un    apprezzato docente – questa è infatti un’esigenza spesso sentita da chi frequenta un PDC e si trova poi a dover tradurre le informazioni apprese nella sequenza di fasi che costituiscono un progetto di permacultura.

Libri sulla permacultura in inglese per una conoscenza più approfondita

Nella prima parte di questo articolo, dedicato alla letteratura permaculturale in lingua inglese, ho consigliato quattro libri che offrono una trattazione generale della permacultura.

In questa seconda parte, i suggerimenti bibliografici si riferiscono invece a due ambiti più specifici, che mi interessano particolarmente. Anche in questo caso, la lettura risulterà più proficua per chi ha già una minima conoscenza della permacultura, grazie a un precedente libro o corso introduttivo.

Permacultura urbana: David Holmgren e Toby Hemenway

Iniziamo dal co-fondatore vivente della permacultura, di cui è stata tradotta la prima, basilare, opera. Purtroppo, però, non l’ultima, che affronta una grande sfida attuale: che fare delle immense periferie suburbane? Gli scritti di Holmgren sono sempre letture impegnative, e Retrosuburbia non fa eccezione, con le sue quasi seicento pagine, ricche di fotografie, disegni e casi-studio. Se ne ricava un quadro esauriente di come possa essere attuata una sostanziale riconversione ecologica del patrimonio edilizio esistente, di quello biologico (trasformazione dei giardini con funzione puramente ornamentale in luoghi produttivi e ricchi di biodiversità) e dei comportamenti umani.

Non è la prima volta che il tema viene affrontato, tuttavia. Tra i precedenti, un lavoro un po’ meno corposo, ma altrettanto approfondito e prezioso, è The permaculture city, di Toby Hemenway. Questo permacultore americano è autore anche di un apprezzato manuale dedicato all’orticoltura permaculturale, tradotto in italiano e già menzionato in precedenti articoli. Nella sua ultima fatica – prima della morte avvenuta prematuramente – Hemenway allarga l’orizzonte dalla produzione di cibo e dalla gestione dell’acqua, già considerati in Gaia’s garden, all’uso dell’energia, ai giusti mezzi di sostentamento e alla costruzione della comunità.

Permacultura sociale: Looby Macnamara

Si deve a questa visionaria permacultrice inglese la prima esplorazione dell’ambito sociale, attraverso il suo People & Permaculture. Partendo dalle etiche e dai principi della permacultura, l’autrice ne indaga l’applicazione agli esseri umani, proponendo un suo originale schema di progettazione – il Design Web – per definire strategie di cambiamento personale e per organizzare iniziative collaborative.

In un successivo agile libretto – 7 ways to think differently – espone in modo chiaro sette attitudini mentali per una visione permaculturale del mondo.

L’evoluzione personale della Macnamara la porta infine ad ampliare ulteriormente l’orizzonte, fondendo la permacultura con altri approcci concettuali. Il risultato della sua ricerca è espresso nel più recente Cultural emergence: non un testo di permacultura in senso stretto, ma una cassetta degli attrezzi per l’incubazione e l’emersione di nuovi modelli culturali. Un invito a espandere i nostri schemi di pensiero per costruire resilienza personale e collettiva, per agire e interagire in modi alternativi, cooperativi e nutrienti, per progettare il mondo che vorremmo vedere attorno a noi.

Post correlati