Intelligenza artificiale: quali sono i rischi reali

da | Ago 30, 2023 | ambiente, tecnologia verde | 0 commenti

L’intelligenza artificiale rappresenta un argomento controverso e motivo di discussione: c’è chi la vede come un’opportunità e chi come una minaccia, ma quali sono i rischi reali legati all’introduzione dell’AI nella nostra società?

Si tratta di una tematica che va affrontata da due punti di vista principali, uno più pratico e legato all’impatto che questa può avere in particolar modo sul mondo del lavoro, l’altro più filosofico, analizzando alcune teorie che al momento fanno parte dell’universo sci-fi, ma che secondo alcuni potrebbero diventare la nostra quotidianità.

Analizziamo le problematiche legate all’intelligenza artificiale, dai posti di lavoro a rischio alle possibili problematiche di convivenza con essa.

Come l’AI impatterà sul mondo del lavoro

Partiamo dal problema più pratico e più temuto, il fatto che l’intelligenza artificiale possa mettere a repentaglio molte professionalità, facendo perdere posti di lavoro.

Effettivamente, secondo svariate ricerche e indagini, sono moltissimi i settori che potrebbero introdurre all’interno dei propri processi l’intelligenza artificiale. Trasporti e logistica, amministrazione e vendita, produzione ed erogazione di servizi potrebbero beneficiare dell’ausilio dell’AI. Si stima che ben un posto di lavoro su tre in questi settori possa addirittura essere sostituito dall’intelligenza artificiale.

Nel settore dei trasporti molte posizioni organizzative e alcune operative, pensiamo all’introduzione dei droni, potrebbero essere sostituite da computer automatizzati. Il settore della logistica, che prevede l’ottimizzazione delle risorse a disposizione, è forse quello che maggiormente si presta a sfruttare l’intelligenza artificiale. L’amministrazione potrebbe potenziarsi notevolmente grazie all’introduzione di processi automatizzati. La produzione e l’erogazione di servizi possono delegare a un’intelligenza artificiale gran parte del lavoro, lasciando all’uomo solamente quelle attività più pratiche ed eventualmente di contatto umano con il cliente. Infine la vendita, soprattutto se pensiamo agli e-commerce, dalla scelta dei prodotti a catalogo alle tecniche di marketing, potrebbe quasi essere sostituita interamente da un’AI.

Quindi? Si prevedono tempi bui per i lavoratori?

Non è detto. Innanzitutto questo passaggio culturale e professionale aprirebbe le porte a moltissime nuove professionalità: chiaramente ciò rappresenta una problematica per chi si dovrà reinventare, soprattutto per i meno avvezzi alla tecnologia, ma al contempo le nuove generazioni avranno nuove possibilità e nuovi posti di lavoro a disposizione.

Altro fattore da prendere in considerazione prima di allarmarsi per i posti di lavoro a rischio è la nostra incapacità tecnologica.

In realtà in certi settori sarebbe anche auspicabile inserire un po’ di intelligenza, seppur artificiale. L’Italia continua a mostrarsi costantemente impreparata ed eccessivamente speculativa, al punto di superare una pericolosa linea di confine. Pensiamo ad esempio ai numerosi tagli fatti alla sanità che hanno fatto sì che ci trovassimo impreparati ad affrontare una pandemia, perdendo molte vite, e non posti di lavoro. E se la pandemia è un evento più unico che raro, si spera, pensiamo al vortice rappresentato dalla burocrazia italiana, che risucchia ogni giorno energie e denaro a imprese e imprenditori. O ancora alla poca informatizzazione delle amministrazioni, che tuttora faticano a introdurre e a utilizzare tecnologie che oramai rappresentano la quotidianità per gli adolescenti.

Guardando l’impatto reale e concreto che informatica, innovazione e tecnologia hanno avuto in generale sull’Italia probabilmente è prematuro spaventarsi per l’intelligenza artificiale. Sicuramente abbiamo accolto l’innovazione in molti settori, ma in linea di massima siamo ancora un Paese in grado di grossi rallentamenti e stalli se necessario.

Privacy e dati

Questione diversa invece quella legata alla privacy e all’utilizzo dei dati, che rappresentano una tematica controversa anche senza complicare le cose con l’intelligenza artificiale.

Innanzitutto, che cos’è la privacy digitale? Probabilmente siamo già assuefatti al fatto che si tratti di un qualcosa che non esiste più da non porci nemmeno il problema su cosa essa sia. La privacy digitale sarebbe il nostro diritto alla non divulgazione di dati a nostra insaputa.

La grande applicazione di questo millennio dell’antica regola Trova la legge, trova l’inganno è proprio legata alla privacy digitale: le nostre attività online lasciano una traccia, praticamente tutto ciò che facciamo è analizzabile e sono talmente tanti i dati a disposizione delle piattaforme che unendoli insieme si può determinare un profilo digitale delle nostre persone estremamente veritiero. Ciò non sarebbe possibile se non accettassimo ogniqualvolta creiamo un account quelle lunghissime e mai lette clausole. Quel semplice accetto rappresenta la perdita totale della nostra privacy digitale, e questo ha conseguenze reali e concrete sulla nostra vita, anche se non lo percepiamo.

Ci troviamo già in un contesto in cui i nostri dati digitali vengono utilizzati quotidianamente per qualsiasi tipo di scopo. Si va dal marketing, il classico annuncio che ci compare dopo che abbiamo parlato coi nostri amici di un determinato prodotto, alla politica, in cui si elaborano campagne elettorali personalizzate a seconda delle informazioni raccolte online. La nostra società è oggi, senza intelligenza artificiale, influenzata dalla perdita della nostra privacy digitale.

Cosa può succedere con l’AI?

Che gli strumenti a disposizione per sfruttare i dati raccolti diventeranno più potenti, peggiorando in sostanza la situazione attuale.

Le intelligenze artificiali hanno ancora dei limiti se si parla di creare qualcosa da zero, ma sono estremamente potenti se hanno a disposizione dei database di dati e informazioni da utilizzare per rispondere all’uomo. La forza ad esempio del tanto discusso ChatGPT è proprio questa, prendere informazioni che sono già a nostra disposizione e rielaborarle rapidamente in base a ciò di cui abbiamo bisogno.

Da Google a Facebook, da Twitter a Netflix, le grandi compagnie tecnologiche hanno fondato la propria ricchezza sulla raccolta dati e la creazione di database, le intelligenze artificiali metteranno a disposizione in primis a queste compagnie (ammesso e non concesso che non lo sia già) uno strumento per rafforzare le proprie posizioni di monopolio. Che cosa questo significherà nel concreto è difficile da prevedere, ma la sensazione è che non sarà qualcosa di positivo per l’utente.

Sicurezza dei dati

Parlando di intelligenza artificiale si apre sempre il capitolo sicurezza informatica, e quindi sicurezza dei dati. È giusto fare una distinzione tra il ragionamento appena fatto sull’intelligenza artificiale e la cybersecurity.

I dati legati alla privacy digitale sono già persi e non sono più di nostra proprietà, i dati legati alle aziende sono invece ancora di proprietà delle aziende e gli unici rischi di diffusione sono legati a eventuali attacchi informatici (o eventualmente a fughe di dati internet).

In questo caso si parla quindi di intelligenza artificiale come strumento per potenziare gli attuali sistemi di hacking informatico e si entra nel settore della cybersecurity. Certamente l’AI porterà nuova linfa a chi lavora nel campo della sicurezza informatica, sia che lo faccia per difendere o per attaccare i sistemi, ma si tratta di una sorta di conflitto che esiste già e su cui siamo tecnologicamente avanzati. Le fughe di dati informatici ci sono e probabilmente ci saranno sempre, ma di solito (e sottolineiamo il di solito) sono finalizzate a un riscatto: i dati vengono rubati, o i sistemi vengono hackerati, per ottenere un guadagno economico immediato, più che chissà per quali piani diabolici.

Coded Bias

Chiudendo l’argomento privacy e dati accenniamo all’interessantissimo documentario Netflix Coded Bias, riportando l’attenzione su come le informazioni a nostra disposizione vengono effettivamente utilizzate oggi, senza l’utilizzo dell’intelligenza artificiale.

Vi siete mai chiesti cosa succede quando chiedete un mutuo o stipulate un’assicurazione?

I vostri dati vengono inseriti in un sistema informatizzato che decide se potete avere diritto al servizio richiesto e ne stipula i termini. Il sistema considera le vostre caratteristiche e vi identifica come un certo tipo di profilo, in base a questa identificazione comunica la propria decisione alla persona a cui avete fatto la vostra richiesta che vi fornisce un responso.

Ma cosa succede se i dati inseriti nel sistema, quelli utilizzati per paragonare l’utente che fa la richiesta al cluster di utenti di cui dovrebbe far parte, hanno dei bias? Ossia hanno delle deviazioni dall’effettiva realtà delle cose?

Che cosa succede se ad esempio nel sistema bancario vengono inseriti dati che dicono che gli under 35 non sono buoni profili a cui concedere un mutuo perché finiscono spesso col non pagare le rate? Succede che quando un ragazzo di 33 anni con ottime credenziali, credibilità e un buon posto di lavoro chiederà un mutuo potrebbe vederselo negato perché il sistema non lo ritiene un buon creditore.

Si tratta di un esempio, non stiamo criticando gli algoritmi delle banche. A quello ci ha già pensato appunto il documentario Coded Bias, che ha sottolineato come questi algoritmi e molti altri sono fallaci a causa dei dati in input, ossia rappresentano gli stessi bias che fanno tuttora parte della nostra società. In America, ad esempio, i sistemi informatici tendono a favorire gli uomini bianchi eterosessuali e a sfavorire le donne di colore. Le telecamere dotate di sistemi di riconoscimento facciale tendono a segnalare i neri come potenziali pericolo rispetto ai bianchi, per cui anche in città come Londra può capitare che una persona di colore sia segnalata per un controllo perché un sistema automatico ha deciso che potesse essere un pericolo.

Tutto questo senza intelligenza artificiale, cosa potrebbe cambiare con l’AI?

L’intelligenza artificiale avrà sempre bisogno di un set up, il machine learning avrà bisogno di dati di partenza da cui imparare. Chi immette i dati in questi sistemi ha e avrà un enorme potere a propria disposizione, in grado di influenzare concretamente, nel bene o nel male, la vita di milioni di persone.

Il pericolo sarà quindi legato ancora una volta al buon senso, non alla tecnologia.

Sostenibilità

Un’altra questione importante legata all’intelligenza artificiale riguarda la sostenibilità. I supercomputer necessari a sostenere le potenze di calcolo che alimentano le AI consumano parecchio: si stima che l’addestramento di un’intelligenza artificiale richieda le emissioni di cinque automobili nel corso della loro intera vita. E oltre alle intelligenze artificiali sono tanti i consumi legati in generale al settore tecnologico.

Bisogna però sottolineare come si tratti forse di un investimento in termini energetici: le intelligenze artificiali possono aiutarci nella lotta al cambiamento climatico e avranno un ruolo importante nell’organizzazione delle fonti di energia rinnovabili, per cui forse al momento è meglio concentrarsi su come rendere maggiormente sostenibili altri settori.

Guerra intelligente

Guerra intelligente ha tanto il sapore di ossimoro, ma l’AI renderà effettivamente più intelligenti le guerre, anche se purtroppo da un punto di vista bellico.

In particolar modo i droni rappresentano un’arma che fa paura, forse più delle altre tuttora a disposizione dell’uomo (e abbiamo le testate nucleari…). La possibilità di collegare a uno strumento agile, rapido e praticamente non intercettabile come un drone, un’intelligenza artificiale che gli permette di colpire bersagli con precisione millimetrica rischia di aprire un nuovo capitolo alle guerre, e questo non è assolutamente auspicabile.

In un momento storico in cui una grande guerra europea ci ha ricordato che le guerre esistono tuttora, probabilmente l’umanità dovrebbe fermarsi e fare una seria riflessione su quanto vogliamo spingerci oltre nelle capacità di distruggerci, seppur in maniera intelligente.

Superintelligenza

Per fortuna siamo finalmente arrivati al capitolo sulla fantascienza!

Dopo aver aperto uno spiraglio su come attualmente utilizziamo i dati e sfruttiamo l’assenza di privacy digitale e dopo aver fatto una panoramica sull’impatto che l’AI può avere sul mondo del lavoro, della società e della guerra, capiamo quali sono i rischi etici legati all’introduzione dell’intelligenza artificiale.

Da Dick ad Asimov, sono moltissimi i racconti di fantascienza in cui robot e intelligenze artificiali finiscono col prendere il sopravvento sull’uomo, talvolta attraverso vere e proprie guerre, altre volte con subdoli giochi di potere.

C’è qualcosa di fondato in questi racconti o non è il caso di preoccuparsi?

Chi può dirlo… o forse qualcuno può! In effetti chi con l’intelligenza artificiale ci lavora o, meglio, chi la crea e la sviluppa, non è così convinto che i racconti di fantascienza siano così lontani dalla realtà.

Un gruppo di 350 scienziati e ingegneri operanti all’interno di società di sviluppo di intelligenza artificiale hanno firmato un documento pubblicato dalla No-profit Center for AI Safety il cui scopo è mettere in guardia l’umanità dai pericoli dell’intelligenza artificiale.

«Mitigare i rischi di estinzione causati dall’intelligenza artificiale dovrebbe essere una priorità globale, così come viene fatto per altri rischi su scala sociale come le pandemie e la guerra nucleare».

Documento firmato da CEO e leader di compagnie come OpenAI, Google DeepMind, IA Anthropic, insomma, personaggi che di intelligenza artificiale se ne intendono. La loro paura è che lo sviluppo dell’intelligenza artificiale possa semplicemente portare all’estinzione della razza umana.

C’è un lato ironico nell’ipotizzare che l’intelligenza artificiale, che in sostanza è una forma di intelligenza umana sviluppata all’ennesima potenza, non troverà niente di meglio da fare che distruggere l’uomo stesso?

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