Impiegò qualche istante per scuotersi dal torpore, la voce acuta del bambino arrivò da molto lontano. «Guarda mamma!» gridava eccitata. La donna si ravviò i capelli, respirò profondamente prima di dirigersi verso la porta. Il piccolo era fradicio di neve, teneva qualcosa stretto in grembo. «Guarda cos’ho trovato!». Tra le sue mani una palla tremante di pelo bianco con delle grandi orecchie rosa semitrasparenti.
«Dove l’hai trovata?» domandò la donna.
«Sotto un albero, devono averla lasciata sola.»
«Su dai, ora spogliati.»
«Mamma, ma guarda com’è piccola» disse il bambino con voce supplichevole. La donna non aveva voglia di guardarla, temeva che potesse morire da un momento all’altro, di paura, di freddo, di solitudine.
«Ora dobbiamo preparargli una casetta», disse il bambino mentre si liberava degli stivali. «Ho male ai piedi» si lamentò, «questi stivali sono troppo stretti».
La donna andò a poggiarli vicino al calorifero, e così fece con la giacca, il berretto e i guanti. Il piccolo intanto era andato in cucina a cercare un cestino. La donna lo sentì starnutire. «Non è per caso che hai preso freddo?» gli domandò. «No, no», assicurò lui tirando su col naso, aveva altro a cui pensare che al raffreddore, doveva salvare la vita della lepre. Gli preparò un letto di stracci dentro un cestino di vimini. La lepre continuava a tremare.
«Cosa mangiano le lepri?» domandò alla mamma.
«Le lepri mangiano erba fresca» rispose lei «ma a questa stagione proprio non lo so».
«Forse del latte.»
«Forse.»
Il bambino versò del latte in una ciotolina e la sistemò accanto alla lepre. La lepre non si mosse. Lui le avvicinò ancora un po’ la ciotola. La lepre mosse appena le narici, forse stava annusando.
«Lasciala stare per un po’, deve avere paura di noi.»
Il bambino arretrò di qualche passo, si nascose in un angolo e aspettò. La lepre lentamente smise di tremare, infilò il muso nel latte ma subito si ritrasse. «Forza» sussurrò il bambino, «ti farà bene». Improvvisamente la lepre balzò fuori dal cestino e con il muso fremente si mise a esplorare la casa, il bambino la seguì a distanza per non spaventarla. Dovette resistere al desiderio di prenderla tra le braccia. Lungo la strada, la lepre lasciò delle piccole palline nere come liquirizia. Il piccolo cominciò a ridere, la lepre si fermò, si girò e lo guardò abbassando le orecchie, come se avesse capito di chi stava ridendo. Il bambino rise ancora più forte, e la lepre, offesa, si nascose in un canto.
Fuori intanto stava ricominciando a nevicare. La donna perse ogni speranza di passare il Natale con suoi familiari. Erano rimasti soli, isolati, nel mezzo di una tempesta di neve, con una lepre bianca che saltellava per casa. Dovette fare uno sforzo per ingoiare le lacrime, non voleva che il bambino la vedesse in quello stato, avrebbe voluto andare a nascondersi da qualche parte, avrebbe voluto infilarsi nel letto e dormire per giorni e giorni, fino al ritorno della primavera. Il cielo cominciava a scurirsi, sarebbe stata una lunga notte senza fine. Non le rimaneva altro da fare che mettersi in cucina a preparare qualcosa, ascoltando magari un po’ di musica, mentre il piccolo giocava con la sua nuova amica.
Il bambino sapeva che quando la mamma stava così, era meglio non disturbarla, stare alla larga, forse più tardi avrebbe potuto chiederle di giocare, avrebbe potuto recitarle la poesia che aveva imparato a scuola e raccontarle qualcosa di divertente per farla sorridere. Non era un compito facile, quella tristezza che aveva negli occhi pareva scivolare fuori da lei e riempire tutto lo spazio circostante. Ora per fortuna c’era la lepre che pareva essersi già ambientata, saltellava ovunque allegramente, tranne che nel suo cestino.
Venne la notte alle quattro del pomeriggio. L’aria fuori era affilata come lama di coltello, la neve non permetteva più di aprire la porta. La madre e il bambino mangiarono la torta d’inverno a cui la madre aveva aggiunto della panna, accesero delle candele davanti al presepe e recitarono una preghiera. La lepre, stanca delle sue esplorazioni, dormiva rannicchiata sul divano. Il bambino scartò i suoi regali, si infilò gli stivali nuovi e cominciò a marciare come un soldatino dal volto felice. I suoi occhi brillarono quando vide l’auto rossa girare su sé stessa e fare marcia indietro. Anche la madre scartò il suo regalo, una pigna che il bambino aveva decorato d’argento e di stelle. Si abbracciarono forte, cercando di ingannare il senso di solitudine che la neve aveva stretto intorno a loro.
Di colpo la lepre si svegliò, si guardò intorno spaesata poi saltò sul presepe, buttando giù tutte le statuine adagiate sul muschio. Il muschio doveva averle ricordato il bosco. La madre e il bambino si guardarono divertiti e non si arrabbiarono affatto. Anzi.
Dicembre 2004 – rivista e corretta a dicembre 2022
Scrittrice, vive tra Parigi e Roma.
Dopo aver seguito i lavori della COP21 nel 2015 a Parigi, ha deciso di coinvolgersi nel movimento ecologista e ha scritto il romanzo “Dopo la pioggia” pubblicato dalla casa editrice E/O che tratta di questi temi. Cerca di educare i suoi figli alla sobrietà felice e la parità di genere, ha piantato un orto in Piemonte con i principi della permacultura e aspetta con impazienza il ripristino del treno notturno Parigi Roma.