Permacultura: da dove nasce e qual è il significato di questo termine

Torniamo con la mente a cinquant’anni fa. Stiamo viaggiando in autostrada e notiamo un segnale di allerta. Preannuncia una voragine – tra qualche chilometro – e ci esorta a uscire, per cercare un percorso alternativo. Proseguiamo, pensando allo scherzo di un buontempone. Ne incontriamo altri, sempre più frequenti: ogni volta li ignoriamo e acceleriamo. Uno dei cartelli indica Permacultura, ma è una deviazione assai poco evidente, su stradicciole sterrate.

Ed eccoci qua, di fronte al baratro: ormai così evidente da richiedere un ministero della transizione ecologica!

Eppure, nei primi anni ‘70, in Australia, qualcuno aveva già capito dove sarebbe finita l’autostrada e aveva intuito quel percorso alternativo. Bill Mollison era un personaggio eclettico, che nella vita fece di tutto, dal pescatore di squali al professore universitario. Già allora, in Tasmania, guardandosi attorno vedeva inquinamento, deforestazione, e ne era preoccupato.

Si ritirò per due anni nella foresta, ad osservare, per capirne il funzionamento. E notando quanta abbondanza aveva attorno, si domandò perché noi umani, per produrre il nostro cibo, dobbiamo dedicare tante ore di lavoro a concimare, arare, seminare, impollinare, potare. Perché non possiamo creare sistemi agricoli che funzionino come i sistemi naturali?

Incontrò David Holmgren, che divenne suo allievo, e insieme condussero approfondite ricerche sui sistemi alimentari, sociali ed economici di varie popolazioni indigene. Concepirono così il concetto di permacultura: un’agricoltura permanente per una cultura permanente. Assai diversa dall’agroindustria, in cui per produrre una caloria alimentare si consumano dieci calorie fornite di combustibili fossili!

Permacultura: di cosa si tratta

La permacultura, tuttavia, non è un insieme di tecniche di coltivazione. E non è nemmeno una disciplina in sé, ma collega tra loro varie discipline, strategie e tecniche.

Possiamo immaginarla come una cassetta degli attrezzi, completa di manuale delle istruzioni, delle conoscenze e dell’esperienza che servono per scegliere quando e come usare ogni singolo attrezzo, cioè per decidere quale tecnica applicare in ciascun contesto.

Non ha un’unica definizione – se ne trovano anzi parecchie – ma è connotata di alcuni punti chiave.

Anzitutto la progettazione, adottando la natura come guida: è quindi ecologia applicata agli insediamenti umani.

Poi, la valorizzazione della cooperazione, delle connessioni, delle relazioni benefiche tra gli elementi, utilizzando il pensiero sistemico e la visione olistica, diversamente dal pensiero lineare e dalla visione specialistica che caratterizzano un certo approccio scientifico riduzionista e analitico.

Infine, l’orientamento a trovare soluzioni, per creare abbondanza e armonia con noi stessi, le altre persone e il Pianeta.

La permacultura ci insegna dunque a lasciarci ispirare dalle leggi naturali per progettare e creare sistemi umani in armonia con la natura, cioè “ecosistemi artificiali” che imitino quelli naturali. Ha un approccio molto pratico, ma inserito in una cornice concettuale: ricominciare a pensare secondo natura per superare quella disconnessione dal mondo naturale e dille altre persone che – come abbiamo visto la scorsa volta – ci ha portato a un passo dal collasso climatico e sociale.

In estrema sintesi, la permacultura è la progettazione di un sistema alimentare e sociale sostenibile e duraturo, etico e rigenerativo[1].

Per saperne di più puoi leggere questo articolo!


[1]      Il termine sostenibilità è tra i più abusati, ultimamente, insieme a resilienza. Sono entrambi obiettivi fondamentali per costruire una società duratura, ma – al punto di degrado in cui siamo – serve anche qualcosa di più: la rigenerazione (che significa, ad esempio, ricostruire con opportune tecniche l’humus e la fertilità dei suoli desertificati dall’agricoltura industriale). Tornerò su questi concetti – e su quello di etica – prossimamente.

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