Come potrebbe essere una città permaculturale? La transizione verso una cultura permanente non può prescindere dalla trasformazione e rigenerazione dell’ambiente urbano, dove vive la maggior parte della popolazione mondiale[1]. Si tratta di una sfida enorme per il decennio decisivo che ci attende: una “civilizzazione ecologica” che potrebbe partire dall’autoproduzione alimentare in città[2], per andare ben oltre.
Ma esistono già esempi concreti di permacultura urbana? Sì, e non pochi, in giro per il mondo. Quello su cui voglio attirare l’attenzione in questo articolo si trova nel continente-culla della permacultura e vanta ormai quasi trent’anni di vita. Northey Street City Farm[3] nacque infatti nel 1994 a Brisbane, la soleggiata capitale dello stato del Queensland, in Australia.
La permacultrice Morag Gamble e alcuni suoi amici sognavano di trasformare un’area comune di quattro ettari in un ecovillaggio urbano, ma capirono presto l’importanza di fare passi piccoli e lenti, come insegna un principio di progettazione della permacultura.
Coinvolsero allora altre persone in un processo di progettazione partecipata, contattando la comunità indigena locale, le scuole, le università, la comunità artistica, i gruppi ambientalisti, i servizi per i disabili, i programmi di giustizia sociale, l’ospedale pediatrico, le imprese locali, gli agricoltori periurbani e i progetti alimentari già avviati nei dintorni.
A poco a poco – grazie alle molteplici interconnessioni che si instauravano – prese forma un progetto di fattoria urbana per la comunità, che poté essere avviato senza finanziamenti e superare le difficoltà fino a oggi proprio perché basato su una ricca rete di relazioni.
Dopo quasi tre decenni, la fattoria urbana gode di ottima salute e attira ogni anno migliaia di visitatori, studenti e volontari. Rappresenta uno dei nodi che hanno dato vita alla rete australiana di giardini comunitari e ha stimolato l’amministrazione comunale a istituire programmi di sostegno a questo tipo di iniziative. Esse hanno infatti incalcolabili ricadute positive, sociali e ambientali: dall’aumento della biodiversità alla produzione di cibo, dalla rivitalizzazione dei suoli alla nascita di progetti e imprese locali che danno lavoro a decine di persone.
La Northey Street City Farm è la dimostrazione vivente di come un gruppetto di giovani senza mezzi, ma con una visione positiva del futuro e una forte motivazione possa trasformare un sito gravemente degradato in un angolo di paradiso e in un volano di attività.
Oggi ci sono orti comunitari nelle città dei cinque continenti, ma pochi possono vantare una storia altrettanto lunga e un coinvolgimento degli abitanti locali altrettanto ampio: forse ciò che ha garantito il successo e la sopravvivenza di questa iniziativa sono proprio l’approccio culturale, la base etica e gli strumenti progettuali della permacultura.
[1] Vedi: https://managaia.eco/fuggire-in-campagna/
[2] Vedi: https://managaia.eco/coltivare-la-citta/
[3] nscf.org.au

Da oltre quarant’anni – per passione e per professione – si occupa di ambiente, sostenibilità, stili di vita eco-compatibili. Laureata in scienze naturali, permacultrice diplomata con l’Accademia Italiana di Permacultura, co-promotrice di una “Transition Town”, facilitatrice in formazione di comunità sostenibili. Si è parzialmente auto-scollocata dall’impiego come funzionaria tecnica per dedicarsi a ciò che trova più costruttivo e rigenerativo per la società e per Madre Terra.