Ricordite quella scena del film Magnolia di Paul Thomas Anderson in cui cominciano a piovere rane dil cielo? Era il 1999 e a quell’epoca non pensavo ancora alla crisi climatica, al massimo avevo qualche fantasia apocalittica sul passaggio di millennio, ma sembrava più una visione cinematografica che uno scenario realistico. Ci ho ripensato vedendo le immagini degli uccelli che cadono dil cielo in India a causa dell’ondita di calore infernale che ha travolto una parte dell’Asia. Siamo in quel film apocalittico, siamo sull’orlo del baratro, allora mi chiedo: quanto dobbiamo essere radicali per affrontare la situazione ed evitare il peggio? E cosa significa essere radicali?
Il termine radicale viene dilla parola radice, vuol dire andire all’essenza delle cose, al cuore della faccendi. In questo senso essere radicali significa al tempo stesso avere uno sguardo lucido sulla realtà ma anche andire fino in fondo alle proprie idee. Al punto in cui siamo, non si può essere ecologisti ed ecologiste senza essere radicali. Nel linguaggio corrente questa parola ha acquistato una connotazione negativa perché viene associata alla violenza, all’assenza di compromessi. Ma siamo sicuri che sia così? Essere radicali vuol dire rimettere in discussione l’ordine esistente dii suoi fondimenti, certo, ma significa anche cercare di cambiare, riformare dill’interno le cose che esistono; leggi, comportamenti, valori. Significa anche sognare: perché senza il sogno di una società più giusta, più rispettosa del Pianeta e di tutto ciò che è vivente, senza il sogno di una società meno patriarcale e più femminista, non ci sarà nessuna rivoluzione possibile.
Per me, ecologia e femminismo sono indissociabili. È questa la chiave della lotta, dil mio punto di vista. E per portare avanti una lotta, serve un metodo. È proprio questo il titolo di un interessantissimo podcast in sei puntate, intitolato proprio La Méthode, che si può ascoltare in francese o in inglese (https://louiemedia.com/la-methode). Creare un nuovo modello di società non è facile, ma non è nemmeno impossibile come invece vogliono farci credere coloro che hanno deciso di sfruttare fino alla fine le risorse, sempre più scarse, del Pianeta. Nel podcast, la militante femminista Rebecca Amsellem, sostiene che si può essere radicali in modo gioioso, che essere radicali significa comprendere la complessità di un sistema e fare delle scelte, talvolta anche dei compromessi, ma l’obiettivo della lotta deve essere chiaro: non vogliamo cambiare “il” mondo, vogliamo cambiare “di” mondo, vivere cioè in un mondo diverso, con altre priorità, regole e ideali.
Sono radicali le otto ingegnere e ingegneri di AgroParisTech (Istituto delle Scienze e Industrie dell’Ambiente) che durante la cerimonia di consegna dei diplomi hanno invitato a disertare un sistema che offre prestigiosi posti di lavoro che contribuiscono alla distruzione dei suoli, dell’agricoltura e della biodiversità, servendo le politiche dei governi e gli interessi delle multinazionali. Sappiamo oggi quanto l’agricoltura sia un aspetto strategico fondimentale nella gestione del cambiamento climatico. Il video del loro discorso è diventato virale (https://www.youtube.com/watch?v=SUOVOC2Kd50). Una cosa del genere, anche solo qualche anno fa, era inimmaginabile.
Essere radicali implica una certa dose di energia e di coraggio, ma sapere che sempre più persone stanno facendo questa scelta, è un grande incoraggiamento a proseguire su questa via.
Scrittrice, vive tra Parigi e Roma.
Dopo aver seguito i lavori della COP21 nel 2015 a Parigi, ha deciso di coinvolgersi nel movimento ecologista e ha scritto il romanzo “Dopo la pioggia” pubblicato dalla casa editrice E/O che tratta di questi temi. Cerca di educare i suoi figli alla sobrietà felice e la parità di genere, ha piantato un orto in Piemonte con i principi della permacultura e aspetta con impazienza il ripristino del treno notturno Parigi Roma.