Un cappellino da 50 dollari riscriverà la Costituzione USA? Da qualche giorno, sul Trump Store (il sito ufficiale del merchandise del Presidente statunitense), è possibile acquistare cappellini, magliette e gadget con il logo “Trump 2028” accompagnato dallo slogan “Rewrite the Rules” – letteralmente, “riscrivi le regole”. Una provocazione in piena regola, visto che la Costituzione americana vieta esplicitamente un terzo mandato presidenziale.
Eppure il merchandising è più che reale, le vendite partono da $18 per un portabibita e arrivano a $50 per un cappellino premium. A indossarlo, tra i primi, Eric Trump, fotografato sorridente mentre sfoggia lo slogan più controverso del momento. La notizia ha fatto subito il giro dei media nazionali e internazionali, riaccendendo un dibattito che sembrava sepolto sotto la solidità del 22° emendamento.
Cosa dice davvero la legge americana
Il 22° emendamento della Costituzione statunitense, approvato nel 1951 dopo i quattro mandati di Franklin D. Roosevelt, è molto chiaro: «Nessuna persona verrà eletta all’ufficio del Presidente più di due volte». Questo limite è cumulativo, e si applica a vita, anche se i mandati non sono consecutivi.
Nessuna ambiguità dunque: Donald Trump, avendo già ricoperto l’incarico tra il 2017 e il 2021, ed essendo stato rieletto nel 2024, non può legalmente correre nel 2028. A meno che, naturalmente, la Costituzione non venga modificata.
Un’eventualità remota ma non impossibile: servirebbe l’approvazione dei 2/3 del Congresso e la ratifica da parte di 38 Stati federati. Un percorso lungo e politicamente pieno di ostacoli. Eppure, secondo alcune ricostruzioni, esponenti del movimento trumpiano sembrerebbero aver già ventilato l’idea di una modifica costituzionale.
Marketing o manovra politica?
Non sarebbe la prima volta che Trump sfrutta il merchandising come leva politica. Il suo store online propone da anni prodotti che vanno dai chicchi di caffè griffati ai lingotti USB dorati, passando per auricolari e dolciumi a tema. Ma la linea “Trump 2028” segna un cambio di tono.
Qui il merchandising non è solo celebrazione del brand, ma un’esplicita messa in discussione dell’assetto costituzionale. È un’operazione che, pur giocando sul filo dell’ironia e dell’ambiguità, manda un messaggio chiaro: l’idea di un terzo mandato non è più un tabù, almeno per una parte del movimento trumpiano.
Secondo molti osservatori, si tratta di un test: una strategia di normalizzazione di un’ipotesi al momento illegale, da rendere nel tempo politicamente digeribile. Se la reazione dell’opinione pubblica non sarà violenta, allora il terreno sarà già pronto per i prossimi passi.
Le reazioni
Nel mondo repubblicano le reazioni sono state contrastanti. Alcuni parlamentari hanno liquidato l’iniziativa come “una fantasia di marketing”, altri come “uno scherzo ben orchestrato”. Ma non tutti ridono. I democratici parlano apertamente di “pericolo democratico”, mentre alcuni costituzionalisti mettono in guardia: banalizzare le regole è il primo passo per scardinarle.
Anche i media internazionali si interrogano sulla natura dell’operazione. Dall’altra parte, influencer e supporter lo celebrano come un colpo di genio, e le immagini con il cappello “Trump 2028” si moltiplicano sui social.
Una smentita (per ora)
E poi, arriva lui, Donald Trump in persona. In un’intervista rilasciata a “Meet the Press”, il Presidente ha dichiarato di non avere intenzione di candidarsi per un terzo mandato. «Sarò un presidente da 8 anni, due mandati. Ho sempre pensato fosse importante», ha detto, chiudendo (almeno a parole) la porta all’ipotesi di un “Trump 2028”.
Una dichiarazione che raffredda – ma non spegne – la suggestione alimentata per settimane da slogan, cappellini e fotografie virali. Ma si sa: in politica (soprattutto quella trumpiana) una smentita è spesso solo una pausa tattica, e non un punto fermo e il dubbio, quindi, resta: si tratta di una reale presa di posizione o di una mossa per placare il fuoco mediatico?
Non solo una linea di merchandising
Il lancio di “Trump 2028” sembra essere, in effetti, molto più di un’operazione commerciale. È un segnale preciso, studiato nei tempi e nei contenuti, che sfrutta una dinamica consolidata della politica moderna: trasformare ogni dibattito in un prodotto da vendere.
Che si tratti di ironia, provocazione o reale strategia politica, una cosa è certa: la questione del terzo mandato non è più relegata ai margini della discussione pubblica.