Lucido, attivo e negli ultimi anni molto popolare, Bruno Latour è morto a 75 anni, domenica 9 ottobre.
Il suo ultimo libro, che riunisce dodici anni di sperimentazione teatrale, firmato con Frédérique Aït-Touati, Trilogie terrestre, esce il 19 ottobre, dieci giorni dopo la sua scomparsa. Recentemente aveva pubblicato un manifesto politico insieme a Nikolaj Schultz, Mémo sur la nouvelle classe écologique, alla vigilia delle ultime elezioni presidenziali francesi. Questi sono soltanto due esempi della sua vasta e multiforme produzione filosofica, difficile da etichettare forse proprio in virtù di una certa postura che Latour ha sempre rivendicato e che potrebbe riassumersi con «non bisogna mai semplificare la realtà».
Filosofo delle scienze, sociologo, antropologo, Bruno Latour, nato a Beaune nel 1947, si è sempre interessato agli intrecci tra le discipline, proponendo nuovi schemi di comprensione dei metodi scientifici, affermando che l’oggetto stesso dell’indagine scientifica è una costruzione sociale e per questo la verità, o meglio le verità, sono sempre relative all’ambito e alle modalità con le quali si esprimono. Non a caso Latour era professore emerito presso il MédiaLab di Science Poa Parigi, laboratorio multidisciplinare di ricerca tematica e metodologica sulle relazioni tra il mondo digitale e le nostre società contemporanee.
Il primo grande mito che Latour smonta è quello della modernità. Nel suo saggio Non siamo mai stati moderni, pubblicato in Francia nel 1991, metteva in discussione la coerenza del nostro modello di sviluppo che ha creato una scissione fittizia tra natura e cultura; il paradigma stesso della modernità ci ha impedito di capire il mondo del vivente, del quale facciamo parte, preparando la grande catastrofe climatica alla quale stiamo assistendo.
La sua visione espressa nella Teoria della rete degli attori, consiste nel considerare gli umani soltanto una parte delle nostre società, che devono altresì prendere in conto anche gli attori non umani (oggetti, piante, animali, batteri, entità geologiche, la terra…) con i quali entriamo in relazione in molteplici forme, creando appunto una rete complessa di associazioni.
Da qui alle attuali e urgenti questioni ecologiche, il passo è breve. Appare così nel suo pensiero il concetto di Gaia (abbiamo voluto rendergli omaggio scegliendo il nome di questo blog), ispirato all’Ipotesi Gaia, sviluppata dallo scienziato James Lovelock negli anni Settanta, ipotesi secondo la quale il sistema di autoregolazione che permette di mantenere la vita sulla Terra è stato sconvolto dall’impatto dell’attività umana sull’ecosistema terrestre.
Con Tracciare la rotta – Come orientarsi in politica e La sfida di Gaia, Bruno Latour si è imposto come uno degli intellettuali di riferimento per le questioni ecologiche, sostenendo la necessità di ricomporre un mondo comune, negoziando politicamente con l’insieme degli attori che compongono il nostro habitat. Un invito a ri-abitare la Terra alla quale apparteniamo e della quale siamo soltanto una parte.
A questo proposito negli ultimi mesi Latour si era molto occupato del virus Covid-19, inteso concretamente e simbolicamente come un’entità con la quale entrare in relazione, e non in guerra come molti politici hanno cercato di convincerci. Secondo Latour, la pandemia è stata una vera e imperdibile occasione di ri-localizzarci all’interno della biosfera che dispone di risorse limitate, tornare «sulla Terra» piuttosto che «alla Terra». Con questo incoraggiamento a rovesciare i nostri modelli di pensiero e quindi di azione all’interno del sistema Gaia, per ridiventare «terrestri», Latour ci lascia nel pieno della sua creatività.
Ci mancherai, Bruno.
Scrittrice, vive tra Parigi e Roma.
Dopo aver seguito i lavori della COP21 nel 2015 a Parigi, ha deciso di coinvolgersi nel movimento ecologista e ha scritto il romanzo “Dopo la pioggia” pubblicato dalla casa editrice E/O che tratta di questi temi. Cerca di educare i suoi figli alla sobrietà felice e la parità di genere, ha piantato un orto in Piemonte con i principi della permacultura e aspetta con impazienza il ripristino del treno notturno Parigi Roma.