Sono da poco terminate le Olimpiadi e tra i vari atleti premiati ce n’è una che ha letteralmente dominato il suo sport, Simone Biles. Medaglia d’oro nella ginnastica artistica a squadre e individuale, oro nel volteggio e argento nel corpo libero.
Un successo annunciato quello dell’atleta americana, letteralmente una game changer della ginnastica artistica considerate le doti fisiche e il talento che l’hanno portata sin da giovanissima nell’Olimpo di questo sport, destinata a essere una delle atlete più grandi della storia.
Ma la vita e la carriera di Simone Biles non sono un percorso in discesa, ed è proprio di questo che parla il documentario Simone Biles Rising: verso le Olimpiadi, disponibile su Netflix, di cui uscirà a breve una seconda stagione.
Simone Biles Rising: verso le Olimpiadi
Simone Biles è stata sin da subito una bambina prodigio, selezionata da giovanissima per diventare una campionessa. Per capire la grandezza di quest’atleta, anche per chi non è particolarmente avvezzo alla ginnastica artistica, basta considerare che in questo sport i nomi di alcuni salti, come le chiusure, ossia l’ultimo salto prima di terminare la propria performance, prendono il nome dell’atleta che li ha eseguiti per prima.
Se la chiusura con un doppio avvitamento è stata eseguita da Tizia prenderà il nome di Tizia, se durante un mondiale o un’Olimpiade Caia farà un doppio avvitamento e un salto mortale allora quella diventerà la chiusura Caia. Se aumenti il livello di difficoltà del salto e lo esegui correttamente in un evento importante quel salto prenderà il tuo nome. Simone Biles ha aumentato il livello di difficoltà del salto più difficile sino al suo arrivo, e lo ha fatto per cinque volte. Significa che ha dato il suo nome a cinque possibili salti, di livello sempre crescente. Nella scala Biles ha quindi inventato un salto di livello facilissimo (comunque più complesso del più difficile eseguito sino al suo arrivo), facile, medio, difficile e difficilissimo. Le sue rivali che hanno provato a emularla sono riuscite (in poche) a fare solamente quello di livello facilissimo. Tutto ciò per far capire quanto sia più forte quest’atleta rispetto alla concorrenza.
Ma nonostante Simone Biles sembri essere stata toccata dalla dea della ginnastica, la storia che racconta nel documentario è assolutamente umana, e merita di essere conosciuta.
Durante la sua prima e attesissima Olimpiade, Simone Biles è stata vittima dei twisties, una sorta di capogiro, di senso di vuoto, che non permette agli atleti di saltare. Se sbagli quando esegui un salto mortale con avvitamenti corri dei rischi seri, puoi tranquillamente romperti qualcosa o, peggio, puoi cadere di testa con conseguenze tragiche. Quando li guardiamo in televisione sembra tutto semplice, ma eseguire salti a quella velocità e altezza è una pratica estremamente rischiosa, che richiede la massima concentrazione e precisione.
E così, l’atleta più attesa di sempre di questo sport, resasi conto che c’era qualcosa che non andava, dopo i primi tentativi decide di ritirarsi dalla nazionale olimpionica e dall’Olimpiade, lasciando le compagne e l’intero mondo che la stava guardando senza parole.
La spiegazione è semplice: “Se continuo rischio di farmi male, non posso saltare”. In un mondo dove la notorietà e la fama sembrano essere prioritarie, Simone Biles decide di togliersi velocemente dalla scena e risolvere i propri problemi in privato. La soluzione è la stessa a cui ci saremmo appigliati tutti: cercare di staccare, dedicarsi alla propria vita, alla propria famiglia e godersi la quotidianità, finché qualcosa non cambia.
La semplicità con cui un’atleta di fama internazionale ha affrontato un problema che poteva stroncarle la carriera è di ispirazione per la sua umanità. Quando tutto ti vuole sotto i riflettori, la soluzione è togliersi dalla luce accecante che ti abbaglia e cominciare a vederci chiaro.
Il documentario si concentra anche sui motivi psichici che hanno portato Biles, e molte altre atlete, ad avere questo tipo di problematiche. In particolare con la figura di Larry Nassar, medico ufficiale delle ginnaste, reo di aver compiuto per anni abusi anche su minorenni, e sulla dura e spietata preparazione atletica della scuola rumena, capace di sfornare campionesse, ma un prezzo troppo alto da pagare.
Simone Biles Rising: verso le Olimpiadi è un bel documentario, si vede volentieri e ha anche qualcosa da insegnare, oltre a farci apprezzare maggiormente le prestazioni di Simone Biles e delle altre ginnaste, quando volteggiano nell’aria.

Alessandro Chiarato, nato nella ridente città di Rovigo nel 1988, si occupa di comunicazione e marketing digitale con grande attenzione alle questioni legate all’utilizzo (o all’abuso) dei dati. Appassionato di tecnologia, guarda speranzoso alle innovazioni che arrivano da tutto il mondo in attesa di vedere una maggiore e reale attenzione verso le problematiche principali del nostro Pianeta e della nostra quotidianità, che riguardano quindi ciò che mangiamo, beviamo e respiriamo.