La Via Francigena: le tappe in Emilia Romagna

Alla scoperta delle tappe della Via Francigena in Emilia Romagna: da Piacenza a Pontremoli, il racconto di Andrea Vismara.

Quelle che si stanno per affrontare sono le tappe più impegnative della Via Francigena, perché sono quelle che attraversano l’Appennino con tutto ciò che questo comporta.

Dopo lunghi giorni passati a camminare in piano, i dislivelli si fanno impegnativi e le salite costanti. Il passo della Cisa, storico valico sull’antica via Emilia Scauri, è sempre stato una specie di confine fra l’Appennino Ligure e quello Tosco-Emiliano non solo geografico, ma soprattutto politico. Prima furono i Longobardi e i Bizantini, poi il Granducato di Parma e Piacenza e il Granducato di Toscana.

I pellegrini in transito verso Roma sono sempre passati da qui e questo fa di questo luogo uno dei punti più importanti dell’intera Via, nonché un primo virtuale traguardo.

La quattordicesima tappa: da Piacenza a Fiorenzuola d’Arda

1 - Uscendo da Piacenza lungo la Via Emilia
Uscendo da Piacenza lungo la via Emilia

La via Emilia è una sorta di nervo teso che attraversa e taglia in due la Pianura Padana e ne tiene unite tutte le città, tutti i paesi e tutte le locali culture.

Percorrerla a piedi, anche se solo per qualche chilometro, può risultare faticoso, ma anche fastidioso per via del rumore del traffico intenso e per i miasmi degli scarichi dei camion. Bisogna soprattutto inventarsi una zona pedonale dove non esiste per cui vi consiglio vivamente di uscire presto e di prestare la massima attenzione.

Quando si attraversa il fiume Nure, si gira a destra abbandonando finalmente la via Emilia e tornando a camminare in sicurezza su una piccola strada di campagna che ci conduce dritti al paese di Pontenure. Questo è un buon posto per fare una breve sosta, visitare la bella chiesa di San Pietro Apostolo con la sua tipica torre campanaria e anche per riempire la borraccia, perché non troverete altre fonti fino a Fiorenzuola anche se l’acqua non mancherà di certo.

Girando a destra al centro del paese, si abbandona presto l’asfalto per una più agevole strada sterrata che si inoltra in una campagna bellissima dove il granoturco e il frumento la fanno da padrone.

6 - Il guado del fiume chero
Il guado del fiume Chero

Si continua zigzagando fra i campi fino a raggiungere il piccolo borgo di Valconasso con il suo bel castello e, dopo appena un chilometro, si incontra l’acqua sotto forma di guado. Bisogna attraversare il Chero, un fiumiciattolo che probabilmente d’inverno ha una qualche consistenza ma che d’estate è poca cosa.

Una volta giunti dall’altra parte, si segue la sterrata che gira a sinistra e passa su un ponticello che attraversa un piccolo canale. La sua sponda è un ottimo posto dove concedersi una sosta, sedersi e mangiare qualcosa, visto che siamo più o meno a metà tappa.

Si riparte e si costeggia il Castello di Paderna, un fortilizio a pianta quadrata che veniva usato principalmente per conservare e proteggere i prodotti frutto del lavoro agricolo e dell’allevamento, e la chiesa della Cattedra di San Pietro e poi si attraversa su un ponte il torrente Riglio.

Si prosegue seguendo le indicazioni nella campagna silenziosa passando attraverso fattorie e cascine, piccole serre e campi sterminati, fino a ricongiungersi brevemente alla Provinciale 38 che si abbandona per proseguire su strade bianche. Il paesaggio non cambia fino al guado del torrente Chiavenna, modesto ma non abbastanza da permetterne l’attraversamento con le scarpe per cui piedi nudi e via (e una rinfrescatina fa anche bene).

 Il guado del fiume Chiavenna
Il guado del fiume Chiavenna

Si prosegue il cammino attraversando il complesso abbandonato della Spezieria. A Fiorenzuola mancano circa tre chilometri ma l’acqua, almeno nel mio caso, è tornata protagonista ancora una volta.  Un potente getto d’acqua attraversava il cielo in un ampio arco seminando arcobaleni a destra e a manca: un grosso idrante agricolo stava annaffiando un campo di pomodori. Aspettare che il potente getto raggiungesse la sterrata e farsi una doccia gelata (tanto inaspettata quanto gradita, visto il caldo) è stato uno dei momenti più divertenti di tutto il mio cammino.

Gli ultimi due chilometri dei trenta giornalieri si coprono in un attimo e si può finalmente entrare a Fiorenzuola d’Arda.

Prendete del tempo per visitare la bella chiesa di San Fiorenzo e farvi mettere il timbro sulla Credenziale, poi trovate un posto dove assaggiare i mitici tortelli piacentini, detti anche tortelli della coda per la loro tipica forma a spiga allungata: mi ringrazierete.

 La chiesa di San Fiorenzo
La chiesa di San Fiorenzo

La quindicesima tappa: da Fiorenzuola d’Arda a Borghetto

Premetto che il percorso rispetto al tempo in cui sono passato io è cambiato. Quello nuovo esce da Fiorenzuola svoltando a sinistra e si muove su quel lato rispetto alla via Emilia, permettendo la visita all’Abbazia Cistercense di Chiaravalle della Colomba e al castello di Castione Marchesi. Non so dirvi se il vecchio percorso è ancora segnato, per cui vi invito a trovare le tracce GPS sul sito per quello nuovo. Io vi racconto la mia via, fatta da 24 chilometri ancora tutti in piano ma con l’Appennino sempre più vicino.

Si segue la via Emilia per circa un chilometro, poi si svolta a destra e, percorrendo strade di campagna e sterrate, si raggiunge in breve il piccolo e delizioso borgo di Castelnuovo Fogliani dove c’è un bellissimo castello ristrutturato nel XVII secolo da Luigi Vanvitelli (quello della Reggia di Caserta per capirsi) che lo rese splendido.

9 - Il borgo di Castelnuovo Fogliani_
Il borgo di Castelnuovo Fogliani

Il percorso continua alternando sterrato e asfalto, passando fra cascine abbandonate e fattorie attive e campi ricchi di girasoli; in lontananza, fra le spighe del frumento, si intravedono invece le torri di Villa Oppi, una residenza nobiliare privata che produce vino. A Fidenza mancano appena sei chilometri.

La città accoglie il pellegrino attraverso la magnifica Porta di San Donnino, costruita a metà del XIV secolo sulla prima campata dell’antico ponte romano.

Porta San Donnino a Fidenza
Porta San Donnino a Fidenza

Il centro storico di questa cittadina è una perla nella pianura sconfinata, per cui prendetevi il tempo per farvi un giro e soprattutto per visitare il magnifico Duomo, anch’esso dedicato a San Donnino. La storia di questo Santo, uno dei tanti protettori dei viandanti insieme a San Rocco e San Giacomo, è interessante: ex soldato romano convertitosi al Cristianesimo, durante le persecuzioni dell’Imperatore Massimiano, fu arrestato per la sua fede. Dopo essersi rifiutato di rinunciare al Cristianesimo fu decapitato e, secondo la leggenda, raccolse la propria testa e la portò fino al luogo della sua sepoltura. Prima di uscire dal Duomo, ricordatevi di mettere il timbro sulla Credenziale.

Da Fidenza, il percorso nuovo segue una strada diversa ma se la percorrerete vi perderete la possibilità di dormire in un luogo speciale. Ma andiamo con ordine.

 La facciata del Duomo di Fidenza
La facciata del Duomo di Fidenza

Dopo una meritata sosta, si ricomincia a seguire la via Emilia ma per poco: dopo un chilometro o poco più si gira a destra e si prende la strada che punta dritta verso le colline e si muove in aperta campagna fra cascine e fattorie.

Si passa attraverso il piccolo paese di Santa Margherita e di fronte all’omonima chiesa. Uscendo dall’abitato, si incontra una salvifica fontanella dove ristorarsi un attimo e riempire la borraccia per gli ultimi quattro chilometri.

Lungo la strada si incontrano un paio di piccole cappelle dedicate alla Madonna poi si percorre l’ultimo chilometro e si arriva nella frazione di Borghetto. Prima di raggiungere la chiesa di San Pietro in Vincoli si gira a sinistra e si raggiunge il Ciao Latte. Si tratta di una vera e propria fattoria a filiera corta che alleva mucche in modo naturale e biologico e produce, oltre al latte e al rinomato Parmigiano, anche burro e ricotta. Ma la vera sorpresa all’arrivo è il piccolo spaccio aziendale dove è possibile gustare un ottimo gelato, pochi gusti ma tutti a chilometro zero, un vero toccasana per un viandante affaticato.

Serena, la ragazza che si occupa dell’accoglienza, è in primo luogo una pellegrina anch’essa e ha deciso di mettere a disposizione dei viandanti tre stanze e includere nel prezzo la cena con un menù che prevede formaggi e marmellate, tortelli, fettuccine con salsiccia, gnocco fritto con prosciutto e stracchino. Insomma energia allo stato puro.

Spero che il nuovo percorso non abbia tolto passaggio a questa accoglienza, decisamente una delle più belle di tutta la Via Francigena.

 Camminando sul crinale
Camminando sul crinale

La sedicesima tappa: da Borghetto a Sivizzano

Tappa lunga quella di oggi: trentatré chilometri, o poco più, con la possibilità di accorciare fermandosi a dormire a Fornovo Val di Taro.

La colazione al Ciao Latte è di quelle da ricordare poi, dopo il rituale del timbro sulla Credenziale, si riparte seguendo via Gatta di Borghetto che, dopo circa tre chilometri, gira a sinistra. Dopo duecento metri, la si abbandona girando a destra per seguire via Costa Pavesi che comincia a salire lievemente verso il borgo di Costamezzana, dove i due percorsi si riuniscono. Qui fa bella mostra di sé la chiesa di San Pietro Apostolo con la sua facciata neobizantina e l’imponente scalinata.

La chiesa di San Pietro Apostolo a Costamezzana

La strada comincia a salire sempre più e anche la vegetazione cambia tutto attorno con il passare dei chilometri. Le coltivazioni tendono a diminuire, lasciando il posto a macchie di conifere che fanno capire bene ciò che attende il pellegrino nei prossimi giorni.

Quando si arriva a un incrocio a T si gira a destra e si comincia a percorrere un bel crinale con stupendi affacci su entrambe i lati poi inizia la lunga e lenta discesa verso il fondovalle fra campi di grano e distese di girasoli fino ad arrivare al paesino di Cella e al torrente Recchio.

girasoli

Bisogna guadarlo e, se nei giorni precedenti ci sono state forti piogge, farlo può diventare un problema. Nel caso, da Cella seguite la strada che vi porterà in sicurezza a Medesano. Qui Sigerico sostò per la sua trentacinquesima tappa e anche noi possiamo fermarci un attimo e riempire la borraccia prima di proseguire: siamo quasi a metà della tappa.

Si continua a scendere paralleli alla ferrovia poi si svolta a sinistra e si raggiunge il paese di Felegara, superato il quale si passa sotto l’autostrada e si raggiunge il parco fluviale del fiume Taro.

 Attraversando il fiume Taro
Attraversando il fiume Taro

Si cammina agevolmente su un sentiero circondato da una ricca vegetazione, si continua fino a passare sotto il ponte ferroviario e a guadagnare quello automobilistico, che ha una bella corsia pedonale dove i viandanti possono camminare sicuri.

Il greto del Taro è vasto e d’estate mostra ampiamente il suo fondo pietroso ma la sua acqua è di un bell’azzurro intenso. Fornovo è proprio al di là del ponte con il suo bel centro storico e la Pieve di Santa Maria Assunta. È il posto giusto per fermarsi, togliersi le scarpe per far respirare i piedi e mangiare qualcosa, perché alla fine della tappa mancano quasi otto chilometri e sono quasi tutti in salita.

 La Pieve di Santa Maria Assunta a Fornovo
La Pieve di Santa Maria Assunta a Fornovo

Il primo strappo toglie un po’ il fiato, sono solo due chilometri che scalano la parte alta del borgo poi, arrivati in località Caselle, si scende per un po’ per poi ricominciare a salire, ma più dolcemente.

Tutto intorno si aprono scenari fantastici: calanchi, campi di grano, alberelli isolati e balle di fieno. Quando si arriva a Sivizzano, minuscolo borgo, si può cantare vittoria per la prima tappa appenninica portata a compimento e godersi una bibita nel piccolo bar del paese. Poi, si può raggiungere la piccola chiesa di Santa Margherita dove c’è l’ospitale, mettere il timbro sulla Credenziale e finalmente riposarsi.

La diciassettesima tappa: da Sivizzano a Berceto

Salendo verso Sivizzano
Salendo verso Sivizzano

Questa è sicuramente la tappa più dura di tutto il cammino. Solo quella che porterà da San Quirico d’Orcia a Radicofani può competere in quanto a impegno, ma di quella parlerò nei prossimi articoli.

La distanza non è eccessiva, solo 22 chilometri, ma è tutta in salita con un dislivello importante. A fare da contraltare, però, c’è il fatto che paesaggio e panorami riempiono il cuore di gioia regalando quell’energia che serve ad affrontare le piccole imprese.

A sorvegliare i primi passi di questa tappa, c’è il monte Prinzera, scuro rilievo fatto di roccia vulcanica che si innalza solitario circondato dagli alberi che costituiscono una riserva naturale che porta il suo nome.

23 - Il Monte Prinzera
Il Monte Prinzera

Il primo traguardo da raggiungere è la Pieve di Bardone, dedicata a Santa Maria Assunta. Di origine molto antica (la prima struttura risale al VI secolo), ha subito varie trasformazioni e ristrutturazioni conservando però quel fascino austero che è tipico delle pievi. Il silenzio tutt’attorno è rotto solo dal rumore del vento e dall’acqua che esce gelida da un fontanile, utilissima per riempire la borraccia. Qui si respira una grande quiete e una piccola sosta è doverosa, nonché ampiamente meritata, poi si riparte, sempre in salita, verso il borgo di Terenzo.

Pieve di Bardone
Pieve di Bardone

Tanto piccolo quanto ricco di storia, questo piccolo paese ha ben otto chiese nel suo territorio ma la più bella è sicuramente quella dedicata a Santo Stefano (Terenzo nel gergo antico). Ci si passa proprio davanti continuando la salita che, dopo poco, abbandona la strada per immergersi nel bosco. Il sentiero è spesso sassoso e sale, senza fare sconti, in mezzo a una fitta vegetazione, ma tutto è meglio rispetto a camminare sull’asfalto.

Quando si ritrova la strada un punto sosta con tavolo e panchine invita il viandante alla pausa pranzo; il panorama da lassù è veramente notevole e si apre sulle vallate circostanti.

La chiesa di Santo Stefano a Terenzo
La chiesa di Santo Stefano a Terenzo

Castello di Casola è a meno di un chilometro che si percorre nuovamente su sentiero. Trattasi di un minuscolo borgo dove non c’è nulla, nemmeno un bar o un negozio di alimentari. Quel giorno, nella piccola piazzetta del paese, c’era un furgoncino che vendeva frutta, verdura, pane e altre cose e i pochi abitanti erano in coda aspettando il loro turno. Un posto fuori dal mondo a quota 749 m. Ammiro la forza di queste persone che vivono in luoghi così remoti adattandosi alle difficoltà senza scomporsi più di tanto. Qualcuno userebbe il termine resilienza, ma io non sopporto quella parola ormai così abusata e quindi la sostituisco con Resistenza, un termine che mi piace molto di più.

 Il borgo di Castello di Casola
Il borgo di Castello di Casola

Si riparte e dopo pochi metri di asfalto, si rientra nel bosco e si ricomincia a salire, più dolcemente però. Anche la vegetazione cambia, le conifere aumentano e quando il sentiero spiana camminare diventa una delizia. Dura poco, perché dopo un ultimo strappo si sbuca nuovamente su asfalto a un paio di chilometri dal borgo di Cassio. Bisogna scendere e poi risalire, ma questo permette di osservare dall’alto i Salti del Diavolo, una serie di formazioni rocciose stravaganti e ardite che emergono dai prati e dalla vegetazione del fondovalle. Uno spettacolo unico e affascinante.

 I Salti del Diavolo
I Salti del Diavolo

Si entra al paese di Cassio attraverso un arco e, dopo una breve sosta, si prosegue lungo la strada che punta verso Berceto, la fine della tappa. Si cammina quasi sempre su asfalto, ma ci sono dei tratti molto suggestivi sul sentiero. A un certo punto, si incontra un fontanile da cui sgorga acqua gelata, un vero regalo in grado di allontanare sete e arsura in vista dello sprint finale.

Non manca molto a Berceto, poco più di due chilometri. Dopo l’ultimo tratto di sentiero che passa per un punto panoramico, si comincia a scendere per entrare infine nel borgo. Il paese è assai bello, popolato e ricco di attività culturali. Il Duomo è un piccolo gioiello e vi consiglio di entrarci per una visita e non solo per mettere il timbro sulla Credenziale. Poi, godetevi il meritato riposo: la tappa dura è alle spalle.

l'ultimo tratto di sentiero prima di scendere a Berceto
L’ultimo tratto di sentiero prima di scendere a Berceto

La diciottesima tappa: da Berceto a Pontremoli

Sono ventisei i chilometri di questa tappa che, dopo aver scavallato il passo della Cisa, ci traghetta in una nuova regione: la Toscana.

Si esce da Berceto via strada, ma, dopo neanche trecento metri, ci si inoltra in un bel bosco su un sentiero comodo e ben segnalato. Sale subito in maniera decisa ma il silenzio e gli alberi maestosi che ci circondano rendono lieve la salita.

Quando mancano circa tre chilometri al passo, si torna a camminare su asfalto fino ad arrivare al grosso cartello blu che indica il primo traguardo giornaliero: siamo a quota 1041 metri sul livello del mare.

Il passo della Cisa
Il passo della Cisa

Non vi aspettate silenzio e tranquillità, non siamo certo al Passo del Borgallo lungo la Via degli Abati. La Cisa non è solo punto di passaggio dei tanti pellegrini in viaggio verso Roma, ma è anche meta ambita per orde di ciclisti e motociclisti per cui c’è un certo frastuono e un’umanità variegata.

Prima di rimettersi in cammino, ci si può affacciare al Santuario della Madonna della Guardia, patrona di tutti gli sportivi: è una piccola chiesa neogotica costruita ai primi del Novecento e luogo di devozione e pellegrinaggio.

Poco più avanti, sullo stesso lato, si incontra la Porta Toscana della Francigena, un grosso arco ligneo attraversando il quale si cambia regione e si inizia la seconda parte del Cammino.

La Porta Toscana della Francigena
La Porta Toscana della Francigena

Il sentiero che prende il via da questo spartiacque parte in salita, poi si stabilizza e comincia a correre in falsopiano. Si cammina benissimo grazie a un terreno dal fondo morbido fatto di foglie e terra ed è come muoversi su un tappetino. Quindi, si abbandona quindi il bosco, proseguendo lungo un bel crinale con affacci spettacolari sulle vallate sottostanti. Si continua così fino a raggiungere il Passo del Righetto, ottimo luogo per una breve sosta.

Da qui, il sentiero inizia a scendere ripido su un terreno fatto di sfasciumi, sassi e ghiaino, un tratto in cui bisogna prestare un po’ di attenzione e in cui i bastoncini da escursionismo possono rivelarsi estremamente utili.

Si va avanti così per un’ora abbondante e le ginocchia, le caviglie, le cosce e ogni altro muscolo possono iniziare a farsi sentire: la discesa è di gran lunga peggiore della salita.

Quando si raggiunge il minuscolo borgo di Groppoli è d’obbligo concedersi una meritata sosta e mangiare qualcosa per fare rifornimento di energie. Di fronte a noi infatti c’è una salita impegnativa, trecento metri circa di dislivello che, dopo aver attraversato i borghi di Groppodalosio, Casalina e Topelecca, porta al Passo della Crocetta.

Indicazioni della Via Francigena
Indicazioni della Via Francigena

La stanchezza può farsi sentire, ma a Pontremoli mancano ormai pochissimi chilometri che si percorrono dapprima in piano e poi in ripida discesa lungo una mulattiera che, attraversato il ponte sul fiume Magra, si ricongiunge alla statale e in breve porta all’abitato di Pontremoli.

Se avete letto i miei articoli sulla Via degli Abati e su quella del Volto Santo, saprete di certo l’amore che provo per questo delizioso borgo, per i suoi ponticelli, per il suo via vai di pellegrini, per la mitica Osteria da Norina e i suoi fantastici testaroli al pesto.

Prendetevi il tempo di passeggiare per i suoi vicoli, per salire al castello e visitare il museo delle Statue-Stele, tipiche della Lunigiana, ma soprattutto datevi una pacca sulla spalla: l’Appennino è ormai alle spalle e a Roma mancano 469,8 km.

Panorama di Pontremoli visto dal castello
Panorama di Pontremoli visto dal castello

Scopri tutte le tappe della Via Francigena

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La Via Francigena: le tappe in Lombardia

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