L’Umbria è una delle regioni che amo di più, la sua ricchezza, sia dal punto di vista paesaggistico che da quello storico e culturale, è enorme.
Spostarsi a piedi, come faceva San Francesco, su sentieri e strade bianche che percorrono le colline attraversando boschi bellissimi, è un vero piacere. La fatica è tanta, sia chiaro, salite e discese si alternano senza sosta ma ogni goccia di sudore è ben spesa.
La quarta tappa: da Citerna a Città di Castello
Dopo la sosta nel borgo di Citerna si riparte in discesa, si percorrono due ampie curve di strada asfaltata e si raggiunge nuovamente il fondovalle.
Si cammina in piano per un paio di chilometri fino a raggiungere una strada statale e, una volta attraversata, si prosegue ancora fino ad attraversare il fiume Cervone per poi girare a sinistra. Poche centinaia di metri e, girando a destra, si torna a salire costeggiando un bosco.
Il sentiero è argilloso, quasi sempre in ombra e se ha piovuto tanto i giorni precedenti, camminarci diventa difficile ma non impossibile: il trucco sta nel cercare di muoversi sulle zolle erbose nel lato estremo del sentiero o cercare di poggiare i piedi su qualche sporadica pietra ma sappiate che anche così vi porterete appresso un buon quantitativo di fango.
Quando il campo coltivato a sinistra finisce, si percorre un breve tratto di bosco per poi addentrarsi in un bellissimo uliveto. Anche qui l’argilla la fa da padrone ma la salita spiana un po’ e camminare diventa più semplice.
Sono un paio di chilometri, poi si sbuca su una strada bianca e, sbattendo e strusciando i piedi per terra, ci si riesce a liberare di un po’ di zavorra.
Pochi metri e si arriva all’agriturismo “Le Burgne”, una struttura che accoglie i pellegrini di passaggio e dove, con il senno di poi, avrei volentieri dormito spezzando così in due una tappa impegnativa (anche in virtù di una fantastica piscina per i piedi con l’acqua salata che deve essere un vero toccasana).
Se decidete di proseguire, approfittate comunque di questo luogo per una breve sosta, per mettere un timbro sulla vostra credenziale e per riempire la borraccia di acqua fresca, la proprietaria è gentilissima.
Una lunga discesa su strada bianca in circa tre chilometri conduce nuovamente a fondovalle dove, dopo aver percorso pochi metri della provinciale, si gira a destra per affrontare la seconda salita del giorno.
È la meno dura come altimetria positiva, ma il problema dell’argilla si ripresenta impietoso almeno fino al raggiungimento della cima; poi si scende su una strada bianca che attraversa un bosco e la situazione migliora notevolmente.
Di nuovo giù, di nuovo in pianura, dove si attraversa l’abitato di Lerchi, minimo paesino. Fare un’ultima breve sosta qui è fondamentale prima di affrontare l’ultima salita del giorno, la più dura.
Sono tre chilometri di strada bianca (e questo è un bene) ma scalano il monte Citerone velocemente e in maniera ripida. È il prezzo da pagare per raggiungere la penultima meta odierna, l’Eremo del Buon Riposo che deve il suo nome alla sosta che vi fece Francesco quando il santuario ancora non esisteva e c’erano solo delle grotte. L’Eremo è di proprietà privata ma è visitabile previa prenotazione.
Mancano ormai solo 4 chilometri a Città di Castello e dopo un tratto in piano si scende decisamente verso il borgo che, se vi sono rimaste delle forze, vale la pena di essere visitato.
La quinta tappa: da Città di Castello a Pietralunga
Anche questa è una tappa molto lunga e impegnativa: 30 chilometri di saliscendi pressoché costanti, ma tutti su strade bianche o su asfalto a bassa percorrenza. Dopo i giorni passati a lottare con l’argilla sono una vera benedizione.
L’uscita da Città di Castello è lunga, ma una volta lasciato il borgo alle spalle, si cammina in una bella campagna pianeggiante poi lentamente la strada compie un’ampia svolta a sinistra e, arrivati in località Baucca, inizia a salire ma lo fa dolcemente.
Quando si arriva al bar “Il Sasso”, abbiamo percorso appena 6 chilometri. Questo è l’ultimo punto a disposizione per rifornirsi di cibo per cui vi consiglio di approfittarne.
Si prosegue lungo la strada salendo costantemente per altri 4 chilometri poi, arrivati a un bivio, si gira a destra e la salita si fa impietosa.
Ci sono sei tornanti da percorrere che fanno assomigliare questo tratto del percorso a un Gran Premio della montagna del Giro d’Italia.
Dosare le forze e percorrere la salita lentamente diventa fondamentale per il prosieguo della tappa visto che siamo solo a un terzo del chilometraggio totale. Superato l’ultimo tornante, la strada spiana appena ma si continua a salire fino a raggiungere località Collevecchio-Chiesa Vecchia, un luogo sperduto in mezzo al nulla ma perfetto per fare una sosta e magari mangiare qualcosa.
Si procede in dolce saliscendi in un paesaggio veramente notevole con visuale ampia sulle colline circostanti.
Ogni tanto s’incontrano dei cartelli che avvisano di fare attenzione alle greggi di pecore al pascolo e soprattutto ai loro severi guardiani, i temutissimi maremmani.
Dopo circa tre chilometri inizia la discesa che porta a uno dei luoghi più importanti nella storia religiosa della regione: La Pieve de’ Saddi.
Si tratta di un importantissimo complesso architettonico di origine romanica che fu la culla del Cristianesimo nella zona dell’alto Tevere. Nel corso dei secoli funzionò come ospitale per viandanti e pellegrini e tutt’oggi svolge questa funzione grazie a un gruppo di volontari (e volonterosi) hospedaleri.
Riposarsi all’ombra del campanile è cosa buona e giusta anche perché c’è da affrontare l’ultima salita, quella che porta al borgo di Pietralunga.
Si continua a camminare alternando salite e discese e percorrendo comode strade bianche. La fatica comincia a farsi sentire soprattutto in alcuni piccoli strappati, ma il panorama che circonda il viandante è il migliore degli integratori naturali.
Poco prima dell’ultima salita la strada bianca lascia il posto all’asfalto e prende il nome di Via Belvedere e scendendo ripida e a tornanti raggiunge il borgo che però è arroccato e quindi costringe all’ultima fatica giornaliera.
Circondata dalle mura e con il piccolo centro storico ricco di vicoli affascinanti e preziosi palazzi medievali e rinascimentali, Pietralunga ripaga abbondantemente delle fatiche compiute durante una lunga giornata di cammino per cui, dopo la doccia, concedetevi una passeggiata e lasciatevi abbracciare dalla sua storia.
La sesta tappa: da Pietralunga a Gubbio
Tappa bellissima quella odierna: 27 chilometri che si percorrono tutti su strade secondarie e agevoli sterrate, dapprima in continuo saliscendi, il leitmotiv della Via di Francesco, poi in pianura.
Si abbandona il borgo di Pietralunga in leggera discesa e dopo un chilometro circa la strada curva a gomito verso destra e si comincia la prima salita.
Il paesaggio in cui ci si muove regale viste aperte sui colli circostanti e il profondo silenzio accompagnano i passi del viandante. Questi sono i tipici ambienti in cui Francesco amava camminare e se si pensa che ai suoi tempi queste colline erano scarsamente antropizzate si può capire ancora meglio il perché.
In circa 4 chilometri si arriva al primo pit stop della giornata, l’Abbazia di San Benedetto Vecchio, una chiesa risalente al XI secolo. Visitarla è difficile perché spesso chiusa, ma vale la pena vederla da fuori e approfittarne per riposarsi all’ombra per qualche minuto.
Si scende muovendosi fra boschi e campi aperti dove è facile osservare delle mucche chianine che pascolano placidamente godendosi il sole e la tranquillità.
Si va avanti così per circa sei chilometri, si affronta un’altra salita attraversando un bel bosco di conifere e raggiungendo il top altimetrico del giorno, poi si scende nuovamente lasciando che gli occhi godano del panorama che è sorprendente.
Terminata la discesa si comincia nuovamente a salire fino ad arrivare in località Madonna di Montecchi. Siamo poco oltre la metà della tappa e l’ombra della piccola chiesa può essere un buon posto per fare una pausa e pranzare, ma se vi va di proseguire per poco meno di due chilometri potrete fermarvi in località Loreto dove troverete la bella Pieve di San Giovanni Battista (recentemente restaurata) e soprattutto una bella fonte dove riempire la borraccia. Dal piazzale davanti alla chiesa la vista spazia sulla sottostante campagna eugubina e sui giochi geometrici delle coltivazioni: siamo pronti a un cambio di paesaggio.
La strada scende dolcemente fino a raggiungere la pianura e le frazioni di Gubbio. Attraversata una statale (fate attenzione), si prosegue in piano coprendo gli ultimi chilometri che separano il viandante dal meraviglioso borgo umbro.
È decisamente il tratto più noioso della tappa ma quando si passa davanti all’anfiteatro romano per poi attraversare la porta medievale, la bellezza di questa cittadina fa dimenticare gli ultimi chilometri.
Ad accogliere il viandante è la statua di San Francesco con il lupo ai suoi piedi, rappresentazione di una delle storie più famose legate al poverello di Assisi di cui vi parlerò meglio nella prossima tappa.
Gubbio è una città in salita, con un fascino intenso a partire dalla Piazza dei Capitani da cui si gode una bella vista sulla città e sulla vallata.
Qui ogni 15 maggio, alle otto di mattina, ha luogo l’alzata, cerimonia che dà inizio alla famosa Corsa dei Ceri, una tradizione antichissima di cui la corsa vera e propria è solo la parte finale.
A tal proposito, ritagliatevi un po’ di tempo per salire sulla cabinovia e raggiungere la cima del monte che sovrasta la città e la bellissima Basilica di Sant’Ubaldo dove i grossi ceri di legno sono conservati per tutto l’anno. Il panorama da lassù è veramente incredibile.
La settima tappa: da Gubbio a Bellugello (Biscina)
Premetto che la guida segnalava come punto di arrivo di questa tappa il borgo di Valfabbrica per un chilometraggio complessivo di 36 chilometri. Ci sono un paio di possibilità di dormire per accorciare la tappa allungando quella successiva. Io ho scelto il mini paese di Bellugello, vicino al castello di Biscina, dove ho trovato un piccolissimo appartamento che non è sulla lista delle accoglienze. Ma andiamo con ordine.
Dal viale alberato che gira attorno alla parte bassa di Gubbio si prende Via Alessandro Manzoni che poi diventa Via Vittorina e conduce a una piccola chiesa (la Vittorina appunto) che leggenda vuole sia stato il teatro dell’incontro fra San Francesco e il temutissimo lupo.
Credo che ciò che vale per le parabole su Gesù valga anche per il santo di Assisi: metafore atte a trasmettere un codice comportamentale basato su amore per il prossimo, gentilezza e rettitudine. È assai probabile che il lupo fosse in realtà un pericoloso brigante che Francesco riuscì ad ammansire, proprio come si fa con le bestie.
Lasciata la piccola chiesa alle spalle si gira a sinistra e si percorre un lungo rettilineo che in circa tre chilometri conduce al paese di Ponte d’Assi dove c’è la chiesa dedicata a Maria Maddalena.
Qui si abbandona la campagna e si comincia a salire scalando su strada bianca il crinale. Fra bellissimi tratti di bosco e improvvise aperture panoramiche, camminare è una letizia (come avrebbe detto Francesco).
Raggiunta la cima della collina ci si può concedere una meritata sosta e ammirare il panorama circostante assaporando un’atmosfera unica e sentendosi un tutt’uno con la natura.
La discesa s’infila nella valle del fiume Chiascio su cui crinali spiccano le torri di alcuni piccoli castelli e prosegue infilandosi in un bosco dove, con un paio di tornanti, si arriva alla Chiesetta delle Ripe o della Madonna delle Grazie.
Questo è un luogo del cuore lungo la Via di Francesco, una piccola cappella isolata nel bosco dove tutti i pellegrini in cammino lasciano un ricordo, una testimonianza del loro passaggio. Sul piccolo cancello in ferro battuto che chiude la minuscola navata si trova di tutto: braccialetti, rosari, calzini e tutta una serie di oggetti di cui il pellegrino si priva per devozione o semplicemente per sentirsi parte di quel rituale speciale che si chiama Cammino. L’atmosfera che si respira mescola misticismo e magia e credo che colpisca trasversalmente ogni cuore.
Siamo a due terzi della tappa e da qui la strada torna a salire per un paio di chilometri fino ad arrivare all’Eremo di San Pietro in Vigneto.
Questo è il primo posto dove poter dormire se decidete di spezzare la tappa ed è un luogo ricco di quiete e spiritualità. All’interno del giardino c’è una fontanella dove potete riempire la borraccia.
Chi decide di proseguire deve affrontare una nuova discesa che in circa un chilometro porta al guado del fosso di Molinaccio, guado che si fa camminando su grossi cubi di cemento.
Si ricomincia a salire subito attraversando un bosco e dopo circa un chilometro si trova il bivio che, attraverso una comoda strada bianca, in venti minuti porta nell’abitato di Bellugello. I 22 chilometri di una tappa molto bella sono alle spalle e ci si può godere il meritato riposo in un paesino silenziosissimo.
Chi invece decide di andare avanti fino a Valfabbrica deve proseguire lungo il sentiero principale.
L’ottava tappa: da Bellugello (Biscina) ad Assisi
Dall’abitato di Bellugello si prende la strada principale, quella che va verso il castello di Biscina e che si ricongiunge al Cammino dopo circa un chilometro. La si lascia dopo poco per una sterrata sulla destra che aggira il castello e poi segue i saliscendi del territorio per circa nove chilometri fino a raggiungere il fondovalle e, passando sotto la statale, entrare nel borgo di Valfabbrica.
Il centro è piccolo ma affascinante per cui vale la pena fare una breve sosta anche in previsione di una tappa abbastanza dura che ricalca in un certo modo l’intera Via visto l’alternarsi continuo di salite e discese.
Lasciato il paese alle spalle si scende per qualche centinaio di metri poi, dopo essere passati davanti a dei bei murales dedicati a San Francesco, inizia la salita, dapprima lieve ma via via più ripida.
Quando si lascia la strada asfaltata e si prende un sentiero sulla destra che s’inoltra nel bosco inizia la parte più difficile. Sono circa quattro chilometri coronati da una serie di strappi da affrontare su un terreno non sempre agevole ma quando si raggiunge la sommità e la vista si apre si può rifiatare un po’ per poi iniziare la discesa.
Il sentiero si immette in una strada asfaltata che si comincia a seguire girando a sinistra e che in pochi minuti porta a una piazzola dove c’è una provvidenziale fonte dove riempire la borraccia con acqua fresca e fare una pausa: siamo poco oltre la metà dei 26 chilometri della tappa.
Si scende tranquillamente camminando su una strada bianca che passa di fianco ad alcune case coloniche e attraversa un paesaggio composto principalmente di ulivi poi, improvvisamente, a una curva il panorama si apre sullo sperone di roccia che fa da base al meraviglioso borgo di Assisi.
Mancano ancora cinque chilometri alla fine della tappa, compresa la salita per arrivare in cima al borgo ma, si sa, quando si vede la meta, tutto diventa più semplice.
Per arrivare alla Basilica Superiore si può passare attraverso il bosco di San Francesco, che è curato dal FAI e che concede l’accesso previa offerta libera, o prendere la strada che aggira lo sperone e che poi prosegue in salita verso il centro.
Trovarsi al cospetto di una delle chiese più belle d’Italia regala sensazioni bellissime ma il vero traguardo è poco più giù, nella Basilica inferiore. Qui c’è la cripta dove riposano le spoglie di San Francesco e di alcuni dei suoi più fidati confratelli.
Rendere omaggio a quest’uomo che ha fatto di povertà e amore le sue leggi ha un significato profondo: vuol dire celebrare la vita e le opere di una delle persone più vicine a Dio nella storia (e questo vale anche per un ateo come me).
Dopo qualche doveroso momento di raccoglimento si può uscire dalla Basilica. Proprio di fianco all’ingresso si trova la Statio Peregrinorum dove, presentando la credenziale che in questi giorni si è riempita di timbri, potrete ottenere il vostro Testimonium, la pergamena che sancisce l’avvento pellegrinaggio.
Chi vuole può terminare qui il suo Cammino ma noi proseguiremo nei prossimi articoli lungo il Cammino che segue le orme di San Francesco, prima in Umbria e poi nel Lazio.
Scopri tutte le tappe della Via di Francesco
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La Via di Francesco: le tappe in Toscana
Tutte le foto che vedi in questo articolo sono di Andrea Vismara: se vuoi utilizzarle, ricordati di menzionarlo e taggare managaia.eco. Grazie!
Nasce a Roma l’11 ottobre 1965. DJ, musicista, fotografo, e appassionato di cucina. Ha pubblicato i romanzi Iddu – Dieci vite per il dio del fuoco (2014) e Bisesto (2018) per i tipi di Edizioni Spartaco. Da sempre accanito camminatore, pubblica per i tipi di Edizioni dei Cammini La mia Francigena (2016), I giorni di Postumia (2017) e la trilogia del Ricettario Pellegrino, diventando direttore editoriale ed editor della casa editrice. Nel 2020 ha dato vita al progetto artistico Rebois che unisce legno recuperato dal mare e vetro riciclato. Vive e lavora a Venezia.